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martedì 19 febbraio 2008

Le tensioni dell'ultimo anno e il veto della Russia


I primi passi verso lo status attuale del Kosovo prendono le mosse dalla decisione che nel 1972 le due Germanie firmarono per la coesistenza pacifica di due realtà statali all'interno della stessa nazione. Il problema del Kosovo nasce dalla difficoltà da parte della Serbia di rinunciare alla sua principale regione petrolifera in nome di un pan-albanesimo che rischia di far deflagrare un vero e proprio conflitto armato. La Serbia non ha mai del tutto rinunciato alle regioni della Bosnia-Erzegovina a netta maggioranza serba, ha tollerato l'autonomia imposta dall'ONU al Kosovo ed ha dovuto subire l'ennesimo scisma interno con il distacco del Montenegro non più tardi di due anni fà, con la situazione paradossale di atleti in giro per il mondo a rappresentare un paese che non esisteva più, come accaduto ai mondiali di calcio del 2006 in Germania. La proposta fatta a Bruxelles da Ishinger, membro del gruppo di intermediazione, vuole ricalcare una formula ben collaudata in un territorio in cui ancora oggi i confini statali non corrispondono a quelli nazionali. Ad ulteriore conferma di ciò nel novembre del 2007 è stata confermata l'esistenza di un gruppo armato organizzato (AKSH), con una sua centrale tra le montagne del Kosovo, che ha già agito ai confini della Macedonia in supporto dell'etnia albanese del Tetovo alle prese con riforme costituzionali che limitano i diritti delle minoranze. Le ultime mosse di questa organizzazione militare, autoproclamatasi come esercito nazionale albanese a scopi puramente difensivi, si stiano concentrando sui confini del Kosovo per evitare eventuali ritorsioni da parte della formazione paramilitare serba Zar Lazar. La KFOR presente tutt'ora in Kosovo è quindi tra due fuochi, con la sicurezza, poco piacevole, che l'AKSH non compirà azioni di ritorsione contro le forze internazionali finché esse garantiranno l'autonomia del Kosovo. Un altro elemento che serve ad arricchire il quadro è il fatto che gran parte della popolazione non vede l'utilità di un'indipendenza. Anzi, la popolazione odia profondamente gli investitori occidentali che si sono infiltrati in questi anni di caos a speculare sulle tardive decisioni della comunità internazionale. L'ulteriore ipervalutazione del greggio e gli interessi della Russia non facilitano il rasserenamento del clima. La Russia cerca di portare la questione di fronte ai limiti del diritto internazionale, ponendo di fatto un ostacolo insuperabile di fronte il Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Il ministero degli esteri russo fa notare come una situazione del genere porterebbe instabilità politica anche nell'Unione Europea. Basti pensare alle regioni della Catalogna o dei paesi baschi, della Bretagna, della parte greca dell'isola di Cipro, le minoranze rumene, l'Ulster e la pseudo regione della Padania pronte a sfruttare l'occasione di un precedente in casa europea per ottenere non una forma di autonomia o di statuto speciale, già concesso tra l'altro in un modo o nell'altro a tutte queste regioni, ma una totale indipendenza dallo stato unitario d'appartenenza.




Francesco Quartararo

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