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sabato 29 novembre 2008

Esclusiva sull'attacco terroristico di Mumbay: terroristi formati in Gran Bretagna



Secondo alcune indiscrezioni filtrate dalla stampa inglese, dopo 54 ore di attacco all'antica città di Mumbay in India, con le truppe governative alle prese con gruppi di terroristi non ancora bloccati, pare che la mente operativa di questa vera e propria azione militare provenga dalla Gran Bretagna. Un attacco che era nell'aria da almeno un anno, tiene a precisare il servizio segreto russo, intervenuto a seguito della dichiarazione del capo di stato indiano Sonia Gandhi, che ha invitato il miliardo di abitanti indiani a non cedere alla violenza. Un'ondata di violenza che è stata avviata dall'inizio dell'anno dagli estremisti indù che hanno provocato veri e propri massacri di cristiani e che trova uno sfogo massimo di violenza con l'azione coordinata del 27 novembre: gommoni provenienti da alcune navi di piccolo carico sbarcate in simultanea sulle coste di questa lingua di terra che contiene gli hotel di lusso, l'ospedale e la caserma della polizia attaccata. Armi leggere, esplosivi, telefoni satellitari e BlackBerry l'equipaggiamento dei giovani assaltatori, alla ricerca spasmodica di turisti inglesi e americani. Digli che sei italiano consiglia un indiano ad un turista inglese scampato alla strage, un attacco che arriva a 48 ore dall'ultima minaccia lanciata online da Al Qaeda, mentre New York viene controllata come un calzino per il timore, più che fondato, di un attacco terroristico imminente. Online circolano parecchi segnali di pericolo, indirizzati soprattutto al neo presidente eletto alle prese con una fortissima crescita di movimenti xenofobi pronti a far fuori il presidente americano e (plausibilmente) ad offrire armi ad eventuali terroristi islamici per poter riprendere il controllo degli Stati Uniti con una guida forte ed autoritaria. Prosegue intanto l'opera di bonifica a Mumbay da parte della polizia locale e specialisti del Mossad, coinvolti a seguito dell'uccisione di un noto rabbino operante in città e della caccia aperta dei terroristi ad eventuali turisti ebrei.





F.Q.

martedì 25 novembre 2008

Sequestro di prodotti ittici in Sicilia, un appuntamento fisso

Prodotti ittici per 300.000 euro, oltre 27 tonnellate di pescato e prodotti ittici non regolari sono stati sequestrati oggi dai Nas di Palermo in giro per tutta la Sicilia. A Sciacca alle 15 aziende pizzicate durante le indagini è stato revocato il riconoscimento CE, mentre a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, sono stati sequestrati tre impianti di refrigerazione con ben 10 quintali di prodotti ittici prive di indicazioni di provenienza ed in carente stato di conservazione. Irregolarità negli scarichi industriali, prodotti avariati comprati nei vicini paesi arabi e prodotti presi a metà prezzo dal mercato turco e greco. Il mercato ittico locale e nazionale vive da mesi in una condizione praticamente insostenibile. Dopo la crisi estiva del petrolio, con il diesel usato dai pescherecci arrivato a prezzi stellari, il settore legato alla pesca deve reggere il confronto con gli altri paesi dell'Unione Europea con una superficie marina nettamente inferiore a quella italiana. Tra i prodotti italiani più competitivi al momento vi è l'oro azzurro proveniente dalla Sicilia, rappresentato da pesce a basso prezzo e ad alto valore nutritivo, apprezzato anche dai nutrizionisti. Purtroppo con cadenza quasi mensile si assiste al sequestro di tonnellate di pesce avariato o mal conservato, con le aziende che trovano difficoltà nell'aggiornare gli impianti e a tenersi entro i parametri stabiliti da Bruxelles riguardanti le emissioni inquinanti. Un doppio svantaggio per chi opera in un settore dove la qualità ambientale è fondamentale. Un mare inquinato non è produttivo e di conseguenza, chi ha un mare inquinato non è competitivo.

Francesco Quartararo

giovedì 6 novembre 2008

Barack Obama, le sfide, i sogni

Alle ore 3,19:50 ora italiana Foxnews, televisione legata al partito repubblicano, annunciava per prima la conquista dell'Ohio, stato cruciale per arrivare alla certezza matematica della vittoria. Alle prime luci dell'alba la vittoria avrebbe poi preso le proporzioni di una vera e propria onda che ha spazzato via, nelle intenzioni e nei contenuti, gli otto disastrosi anni dell'amministrazione Bush. In campo nazionale Barack Hussein Obama (controllate il link per verificare la straordinaria biografia del 44° presidente degli Stati Uniti) intende spegnere la crisi economica cambiando radicalmente il sistema sanitario, tagliando la dipendenza petrolifera, investendo drasticamente sulle energie rinnovabili, riducendo le emissioni di CO2 in maniera netta e riassorbendo parte dei disoccupati attuali nell'indotto energetico. Entro fine mese Obama debutterà a fianco di Bush nel prossimo G20, indetto per cercare di organizzare le potenze economiche mondiali nell'affrontare una crisi che, aldilà delle parole rassicuranti, rischia di dare un colpo mortale al sistema di produzione capitalistico che è stato concepito finora. Lo scudo spaziale che ha rischiato di rompere la recente alleanza con la Russia sarà fatto solo se Medvedev potrà vedere nel sogno militare di Bush un sistema difensivo comune e non un'invasione di campo. In Medio Oriente gli USA saranno sempre a fianco di Israele, ma Obama intende intavolare una trattativa diplomatica con la Siria, l'Iran e il partito che regge le sorti della Palestina (Hamas). L'Iraq sarà affidato gradualmente agli iracheni mentre le truppe saranno spostate in Afghanistan dove quasi sicuramente il presidente Obama chiederà un maggiore sostegno dagli alleati europei. Sicuramente il fatto di avere vissuto nel più grande paese musulmano per una parte della sua vita (Indonesia) e di avere una parte della famiglia in Kenya permettono a Obama di poter affrontare questioni spinose con una sensibilità ed un'apertura mentale diversa rispetto ad i suoi predecessori. Sarà da vedere se il presidente Obama avrà il coraggio di compiere scelte difficili, nuove ma necessarie: battere il terrorismo dialogando con i popoli arabi, radicali e non, usare la forza contro chi limita la libertà e la democrazia, consegnare l'Africa al mondo non come miniera di ricchezze da saccheggiare, ma come terra fatta di uomini e donne che possono dare un loro contributo alla causa mondiale. Il coraggio sarà l'unico strumento con cui Obama può dare fondo al suo spot elettorale: we need a change. Obama ha dato per ora una grandissima risorsa che è stata apprezzata in tutti i continenti da tutti i popoli da est a ovest: ha ridato al mondo una speranza. Entro quattro anni sapremo se un uomo ha avuto il coraggio di trascinare tutti nel cambiare il mondo.

Francesco Quartararo

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