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lunedì 31 maggio 2010

Il sindaco Diego Cammarata indagato per Bellolampo

Il sindaco Diego Cammarata indagato per Bellolampo

domenica 30 maggio 2010

Genchi parla dei mandanti delle stragi del 1992: sono gli stessi che trovò nell’inchiesta Why not ma nessuno lo vuole ascoltare

Genchi parla dei mandanti delle stragi del 1992: sono gli stessi che trovò nell’inchiesta Why not ma nessuno lo vuole ascoltare

martedì 25 maggio 2010

Il caso Denise Pipitone è arrivato ad una svolta


Si tratta di uno dei casi che ha appassionato di più gli italiani ed è stato particolarmente sentito in Sicilia dove qualche manifesto con l'identikit di Denise Pipitone si trova ancora in qualche stazione. Dopo anni di indagini l'attenzione si concentra su quella che è considerata la principale indiziata, la sorellastra Jessica Pulizzi, all'epoca dei fatti minorenne. Assieme a lei l'ex fidanzato Gaspare Ghaleb, accusato di falsa testimonianza. Nella seduta di oggi al tribunale di Marsala Jessica Pulizzi non c'era, ma il suo avvocato, Gioacchino Sbacchi, ha chiesto in sua difesa di non accogliere le intercettazioni che l'accusa intende integrare al quadro accusatorio. Si tratta di alcune intercettazioni ambientali fatte l'11 settembre del 2004 all'interno degli uffici del commissariato di Mazara del Vallo, dopo appena 10 giorni dalla sparizione di Denise. La frase incriminata, l'ho portata a casa, pare sia stata pronunciata da Jessica Pulizzi nei confronti della madre, Anna Corona. L'avvocato di Piera Maggio, la mamma di Denise, ha inoltre chiesto di ammettere tra le prove un'altra intercettazione, quella del 30 marzo del 2006 in cui Jessica Pulizzi fa riferimento ad un corpo del reato adeguatamente nascosto. Piero Pulizzi, riconosciuto come padre naturale di Denise grazie al test del DNA, nel frattempo ha visto accogliere la sua richiesta al tribunale e si costituirà come parte civile.

mercoledì 19 maggio 2010

La famigerata spia Franco può essere in queste foto

Guardate attentamente queste foto:






Sono le uniche foto disponibili su internet che mostrano il papa attuale alla presentazione di un autoveicolo. Che si nascondi qui la spia di cui parla Massimo Ciancimino?

giovedì 6 maggio 2010

Le Grandi Interviste esclusive (o quasi): Storia degli Europe

Con questo articolo si chiude la serie delle grandi interviste, nata per dare comunque spazio agli scritti non pubblicati su Rock Mark, un magazine musicale che nelle intenzioni doveva imporsi a livello nazionale ma che è morto nella culla a causa della disonestà del suo editore, perseguibile probabilmente per legge. Anche per questo, se dovessi trovare qualche altro editore disposto a fornirmi un contratto, d'ora in avanti anziché scrivere qualche pezzo prima nella speranza di qualche attenzione, questo blog sarà l'unica appendice ed allegato al mio curriculum vitae. Il resto all'onestà intellettuale di chi, senza prestazioni sessuali o raccomandazioni ferree, riesce a valutare il lavoro di chi si occupa di INFORMAZIONE.


Molti li collegano alle mitiche scazzottate di Rocky Balboa, i più giovani li hanno sentiti nominare nelle promozioni di superhits degli anni '80, ma in pochi, almeno in questa parte d'Europa, sanno chi sono, gli Europe. La loro storia, come quelle di tutte le band, parte dai tempi della scuola, con la formazione base da cui entra ed esce il batterista Tony Niemistö e a cui si unisce Joakim Larsson. Nel 1980 ricevevano l'equivalente di 14 euro a serata. La svolta avvenne nel 1982, quando la fidanzata di Joakim Larson decise di inviare, all'insaputa dei componenti della band, la prima demo dei Force per una competizione rock in Svezia. Era necessario cambiare nome alla band, prendendo spunto dal titolo di un live dei Deep Purple. I neo-nati Europe trionfarono la competition svedese, trasmessa sulla tv nazionale ben prima che nascesse l'idea di un talent show come X Factor, cantando canzoni hard rock in inglese e facendo incetta di premi. Ormai conosciuti da tutta la Svezia, la CBS Records lanciò gli Europe nel mondo, dando al resto della discografia mondiale un'alternativa musicale agli Abba, che avevano sconvolto il panorama del glam-rock partendo proprio dal paese scandinavo. Agli Europe si deve anche l'apertura del metal al sesso femminile: mentre Iron Maiden e Motorhead investivano gli interessi del pubblico maschile, gli Europe erano ascoltati per la prima volta anche dalle donne e arrivarono ad essere ascoltati persino in Giappone. Dopo il contratto discografico con una major, il singolo che sconvolse la vita degli Europe vide la nascita. Come la maggior parte dei pezzi rock che hanno segnato la storia, anche The Final Countdown nasce da una storia quasi mitica. Il riff originario era stato creato per cercare di allietare l'attesa ad una grande discoteca di Stoccolma, il Galaxy. Il riff, fatto dal tastierista Mic Micaeli prima di entrare negli Europe, piacque molto a tutti gli altri componenti, che decisero di confezionare la canzone. In quegli anni il suono degli Europe aveva già virato verso l'hair metal, la variante anni '80 fatta di capelli cotonati e vestiti esagerati che colpivano i fan assiepati davanti a palchi pieni di luci esagerate e palle strobo. Ed in questo modo la band svedese fu al primo posto nelle classifiche di vendita di 25 paesi in tutto il mondo, Giappone compreso, dove si trovavano ormai meglio che in Svezia. Il successo fu tale che la Epic Records nelle scale di priorità accostò il nome di Michael Jackson a quello degli Europe, concentrando gli sforzi in Out of this World, che scalò le classifiche con qualche difficoltà in più rispetto al suo predecessore. Nel 1991 il loro ultimo album conquistò ancora una volta il mondo ma non riuscì ad imporsi in America, velocizzando lo sciogliemento del gruppo che avvenne l'anno successivo. Dopo noie fiscali e molti progetti solisti, il 14 aprile del 2000 davanti ad una tazza fumante di caffé caldo e cappuccino all'italiana dell'Hard Rock Café di Stoccolma i componenti degli Europe si ritrovarono a suonare assieme. Start from the Dark & Secret Society prese vita nel 2004, segnò la rinascita ufficiale degli Europe che tornarono con un suono hard rock puro e semplice. A proposito, nel 2009 è uscito l'album Last Look at Eden, e a gennaio 2010 sono stati in Italia con quattro date.

mercoledì 5 maggio 2010

Le Grandi Interviste Esclusive: La Musica Classica secondo i Combomastas

La crew palermitana, dopo il successo nazionale con U Tagghiamu stu palluni, vincitori di numerosi premi, inizia a scalare le classifiche di settore con il loro primo album in studio.
L'appuntamento doveva essere al bar del quartiere, ma la folla e la pioggia intensa ci costringono a cambiare zona. Riusciamo ad infilarci in uno stanzino del vicino spazio sociale messo a disposizione dalla chiesa del posto. Accendo il registratore mentre i Combomastas (OthelloMan, Eliaphoks e Secco Jones) si sistemano su un divanetto e gli chiedo:
Come mai avete scelto di fare hip hop a Palermo e non a Roma o Milano dove oltre a strutture più organizzate c'è un pubblico che è ormai abituato ad ascoltare questo genere di musica?

Noi siamo nati qua, in fondo è la città che ti dà l'argomento di cui parlare, si sale, per così dire, per cercare il confronto, anche perché Milano è la capitale di questo genere di musica, anche dal punto di vista discografico. A Palermo non c'è niente di simile, forse in Sicilia siamo l'unica etichetta valida, label a parte.
Leggendo i vostri testi si leggono la rabbia e le difficoltà dei ragazzi di oggi non tanto ad emergere quanto ad essere accettati per quelli che si è. Perché la scelta di cantare queste cose nell'hip hop?

Prima di tutto perché è più facile parlare di cose che ci vedono coinvolti, nel tempo molti hanno visto il rap solo come moda. Qualcuno ha detto che il rap è la CNN della strada. Figurati che c'è una grandissima analogia tra il rap e la musica neomelodica. Cambia solo la tecnica ed il gusto a cui si affida. Il rap parla di strada. Ognuno di noi poi si avvicina al rap in maniera diversa.

Adesso parliamo della vostra prima fatica in studio come Combomastas. Cominciamo da "Tutti pazzi", quando è stata scritta?

"Tutti pazzi" è un pò come l'evento apocalittico descritto nella Bibbia, è sempre attuale. Il pezzo originale è degli anni '80, abbiamo pensato di fare un tributo ai Negazione che scrissero questo pezzo. Mentre scrivevamo la canzone, stavamo cercando un ritornello abbastanza duro, poi ad Eliaphoks capitò di ascoltare questo vecchio pezzo anni '80 che era ancora molto attuale, e si decise di inserirlo.

Nel vostro disco abbiamo detto che c'è rabbia, ma anche amore e riflessione. Nel "vero intangibile" ad esempio, siete come degli osservatori dell'Italia che va. Raccontateci come è nata l'idea di costruire un pezzo così.

Il ritornello spiega l'idea. La gente che incontri per strada sembra tutta tranquilla, poi scopri che fa cose orribili. Volevamo parlare anche delle verità di chi non è politicamente schierato e del cittadino che si è rotto le scatole della situazione attuale, proprio come è successo a Franco Battiato. Questo pezzo vorrebbe stimolare le persone a cercarsi da soli le proprie risposte.

Passiamo ad un brano che ci riguarda direttamente. Con "Una stella" esorcizzate la paura di non sfondare o ce l'avete proprio con chi scrive di musica?

Tutti e due. Parliamo soprattutto delle recensioni che vengono fatte con molta superficialità. Si fanno domande senza ascoltare il disco. Molte volte il giornalista sacrifica l'ascolto dei dischi ai tempi di consegna del pezzo. Ma il discorso vale anche per il sistema discografico attuale, che mette al vertice gente che non fa musica. Una volta, per fare un esempio, c'era il clan Celentano, che curava ogni aspetto ed è ancora oggi composto da gente che ha sempre avuto a che fare con la musica. Ora ai vertici c'è gente esperta di marketing, a volte simile al personaggio interpretato da Antonio Albanese in "Acqua dolce".
La vostra canzone manifesto è "Non sono figo". Una citazione di Elio e le storie Tese o c'è dell'altro?

L'hai beccata. Diciamo che purtroppo accendendo la tv e vedendo chi c'è da Maria De Filippi, ti chiedi se essere figo significa vestire in quel modo. Molti di quelle persone considerate "fighe" probabilmente non hanno mai aperto un libro, possibilmente sono anche mezzi drogati. Se questo significa "essere figo" noi non vogliamo esserlo. "Non sono figo" è un testo giocoso anche se, alla fine, scherzando scherzando poi molto spesso, si dice la verità.

Voi siete tutti impegnati in progetti paralleli e questo si rispecchia nel vostro disco, dove ognuno ha una sua piccola gemma da mettere nel forziere dei Combomastas. Partiamo da Othelloman, cosa dà lui ai Combomastas?

Nel corso degli anni ho avuto la possibilità di veder nascere e sviluppare il movimento rap in Italia. Nel corso degli anni l'esperienza accumulata mi ha permesso di concentrarmi anche nel difficile lavoro di far crescere alcuni ragazzi dal punto di vista musicale, sapendomi adattare ai nuovi gusti del mercato ma non rinnegando mai il mio gusto musicale che prende a piene mani dagli anni '70. Ho avuto pazienza con questi ragazzi è questi oggi sono i risultati...
Ad Eliaphoks chiediamo invece, cosa è per lui "Alternativo"

Si abusa di questa parola per parlare di fenomeni giovanili che in realtà sono già consolidati. "Alternativo" purtroppo è una parola abusata da chi guarda dall'esterno i giovani e per definirli velocemente usa l'etichetta di alternativo, sempre pronta per semplificare tutto

Senza dubbio però la vera perla di questo disco appartiene a Secco Jones...quanto tempo hai impiegato a costruire il pezzo?

Si tratta di un pezzo nato con campionamenti che mi hanno portato via due giorni. Ho cercato di far vedere alcune delle mie skills in questo brano, con ironia ma anche con molta cura nei dettagli. Unire il suono caldo del vinile agli scratch è una cosa che mi piace. Io parto dall'elettronica e dal techno anni '80 e sono arrivato al rap.
Avete intenzione di portare con voi altri gruppi emergenti dalla scena palermitana?

Noi vogliamo fare un pò come gli americani, continueremo con i nostri progetti da singoli ma allargheremo ulteriormente il progetto Combomastas. A Palermo ci sono ragazzini emergenti che vengono trattati come concorrenti, e quindi non crescono. Magari hanno premura di far uscire un milione di cose senza però completarle. Senza la tecnica, la velocità e la competenza, che vengono necessariamente con l'esperienza, non possono andare avanti. Noi con il progetto Combo Riots, che riguarda sia rapper che altre figure professionali, come video-maker, cerchiamo di portare avanti anche giovani emergenti. Ti possiamo fare il nome dei Take Love o di Leone "Spaccaossa", gente che ha messo un beat su Myspace e ci ha incuriosito. Un altro grosso problema riguarda poi le persone che usano l'hip hop solo come moda: tutto ciò purtroppo annacqua il sistema e rende meno credibili anche gli artisti emergenti. I discografici americani ormai sono abituati a riconoscere chi vale solo dall'ascolto ma perché sono almeno vent'anni che lo fanno. Da noi qualcosa già si è mosso, ma la strada da fare è ancora tanta.

Francesco Quartararo

martedì 4 maggio 2010

Le grandi interviste esclusive: Mr Quiz e il piacere di giocare a "Chi vuol essere milionario" in un locale


É uno dei giochi multimediali di maggior successo nei locali italiani, dove gruppi di persone si sfidano a colpi di domande. Funziona un pò come "Chi vuole essere milionario", il famoso format televisivo noto ormai in tutto il mondo. Si gioca tavolo contro tavolo, con delle pulsantiere wireless che permettono al dito più veloce di rispondere alle domande che appaiono nei locali dotati di schermi per l'intrattenimento. Abbiamo chiesto a Tony Matranga, volto noto del piccolo schermo siciliano, la storia di questa piccola rivoluzione nell'intrattenimento.

Dove si può giocare con "l'Enigmista"?

Il gioco è nato cinque anni fa in alcuni locali a Roma, adesso è diffuso ovunque. Direi che ormai si può giocare in tutta Italia, anzi mi hanno detto che ormai il gioco sta iniziando a diffondersi anche all'estero. Personalmente mi occupo delle serate nei locali della Sicilia occidentale ed a Messina. Ogni locale che decide di ospitare il gioco ha poi l'esclusiva del giorno, ovvero non possono esserci nella stessa città due locali che ospitano una serata de "l'Enigmista".

Che premi ci sono in palio?

L'azienda che ha prodotto il gioco e lo porta nei locali ha una partnership con Ryanair, quindi molto spesso si vincono dei viaggi in giro per l'Europa, ma a volte possono essere messe a disposizione anche consumazioni gratuite nei locali che ospitano il gioco, buoni spesa o sconti con alcuni negozi convenzionati, oltre che gadgets e altre piccole cose per i secondi e terzi classificati.
Ci sono gruppi di persone che giocano ogni settimana nello stesso locale o che ritrovi spesso?
È da un anno che porto il gioco in giro per la Sicilia, e ormai trovo alcuni gruppi di veri e propri appassionati. Ci sono i Tabacchini, gli Sbummia, l'Atletico Zulù, gli Yahoo, tutti gruppi che trovo quasi sempre negli stessi locali e che tornano praticamente ogni settimana. Il gioco inevitabilmente piace.
Spiegaci come funziona

Innanzitutto vengono consegnate le pulsantiere wireless nei tavoli dove i clienti accettano di partecipare al gioco. Ogni tavolo sceglie il proprio nome di battaglia, che può essere dettato da un motto, una sigla o quello che si vuole. Al tavolo poi ci si inizia ad organizzare, o con una persona che è addetta a premere velocemente i tasti della pulsantiera seguendo le indicazioni dei compagni oppure lasciando la pulsantiera al centro del tavolo in maniera tale da far rispondere prima chi conosce la risposta esatta. Vengono fatte inizialmente tre domande di prova, sia per dar modo ai tecnici di calibrare il software ed evitare in tempo problemi con le pulsantiere, sia per far capire velocemente il meccanismo del gioco ai concorrenti. Il gioco si suddivide in due fasi: nella prima fase si sfidano tutti i concorrenti con dodici domande, al termine delle quali passano alla fase finale le prime otto squadre. Successivamente, parte una sorta di "girone di ripescaggio" da cui escono altre otto squadre finaliste, che si sfideranno poi nella finale.

Sembra complicato...

In realtà è molto più semplice giocarci che spiegarlo. Anche perché durante le fasi di gioco ci sono domande speciali che valgono di più e danno la possibilità di vincere un cocktail gratuito, giusto per far carburare meglio i partecipanti.

Una delle cose più divertenti sono i riconoscimenti consegnati alla prima e all'ultima in classifica...
Proprio così. Per mettere un po' di pepe alla competizione consegniamo una grande coppa alla squadra che si trova prima in classifica mentre alla squadra messa peggio portiamo un bel cappello con delle orecchie da asino. Ovviamente chi ha il cappello cerca di disfarsene subito mentre chi tiene la coppa in mano fa di tutto per non cederla. Durante il gioco infatti mostriamo la classifica sia della squadra più veloce a rispondere alle singole domande sia quella generale, facendo girare di volta in volta sia il cappello che la coppa.

In base a quale punteggio viene stilata la classifica?

Per ogni risposta esatta c'è un punteggio fisso che viene moltiplicato per il tempo impiegato a rispondere. Se si risponde velocemente ed in maniera corretta la propria squadra otterrà un punteggio maggiore di chi ad esempio ha indovinato la risposta ma ha impiegato più tempo. Viceversa se una squadra non risponde correttamente alla domanda perde tanti punti quanti ne ha impiegato per rispondere.

Quindi conviene non rispondere o rispondere tardi alle domande difficili?

Ogni squadra ha le sue tattiche, anche se in realtà non si può dare una ricetta di gioco per tutti. Se si è indietro in classifica conviene rischiare, se si vuole ottenere un piazzamento ci si può accontentare, ma solo una squadra vince. E solitamente è la squadra più veloce e che conosce le risposte giuste.

Può accadere che le domande si ripetano?

Il database contiene più di 3000 domande che non si ripetono mai nello stesso locale.

In chiusura, il gioco ha dei costi per le squadre?

Assolutamente no, i costi sono a carico del locale. I clienti che consumano al tavolo possono decidere liberamente di partecipare o meno senza dover versare alcun costo aggiuntivo.

Francesco Quartararo

lunedì 3 maggio 2010

Un viaggio a tutto tondo per risolvere lo ZENigma

Il nome è altamente evocativo, il suo destino invece è segnato da uno scippo. Quello che alcuni abitanti di Borgo Vecchio subirono quarant'anni fa, quando per iniziare a mettere mano al centro storico diroccato e distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, si pensò bene di portare gli abitanti in un nuovo quartiere, creato apposta dal piano urbanistico del 1962 che passò alla storia come parte integrante del cosiddetto "sacco di Palermo". Colate di cemento che distrussero ville liberty, ormai abbandonate dalla nobiltà palermitana squattrinata e che portarono alla costruzione dello Zen. L'aerea su cui sorge una delle zone più pericolose d'Italia, si trova in una zona che a causa di una depressione naturale risulta poco arieggiata e palesemente inadatta ad ospitare un quartiere popolare. Gli interessi in gioco quarant'anni fa erano però enormi, ecco perché l'allora assessore ai lavori pubblici, Vito Ciancimino, diede subito l'ok per la costruzione della cosiddetta Zona Espansione Nord. Fu indetta una gara nazionale vinta dallo studio Gregotti associati, composto da un pool di architetti capeggiati dal milanese Vittorio Gregotti, che in quarant'anni di attività ha costruito in tutto il mondo opere ispirate al neoliberty in almeno tre continenti, elevandosi a faro dell'architettura italiana. Lo Zen però risulta essere uno dei peggiori errori di gioventù che possono essergli capitati. Un dedalo di casermoni squadrati, monocromatici, disposti a scacchiera in mezzo al nulla. Una terra di nessuno che gli abitanti del quartiere, ben sedicimila ormai, hanno trasformato in una sorta di città-stato dentro la città. Allo Zen si entra scortati, o dalle forze dell'ordine o da qualcuno del posto. Al primo ingresso in macchina almeno due motorini ti affiancano per capire esattamente chi hanno davanti, magari segnarsi pure il numero di targa per poi un giorno prendere "in prestito" l'autoradio o la macchina su cui ti sposti. Rispetto ad altri quartieri, nati appunto grazie al sacco di Palermo, qui la rabbia contro lo Stato e le istituzioni non ha mai permesso di creare quelle strutture che trasformano un quartiere dormitorio in un quartiere vivibile. Nessun negozio, giardino pubblico o supermercato, solo palazzoni e polvere che si alzano da pezzi di terreno non asfaltati. Ogni cosa ha un prezzo all'interno dello Zen, un voto a proprio favore durante la campagna elettorale può costare dai 50 ai 100 euro, oppure val bene un'antenna parabolica, così si possono vedere tutti i canali satellitari. L'abbonamento? Ci pensa il responsabile di zona, il capocondominio o il picciotto fidato del boss. Qualsiasi cosa può essere ottenuta allo Zen, basta avere la moneta giusta per ottenerla. Come è emerso dalle cronache tristi provenienti da questa zona della città, persino un vassoio di cannoli val bene una figlia minorenne, letteralmente venduta ad un uomo più anziano e leggermente più benestante. Nella città-stato dello Zen la giustizia è regolamentata dall'interno, le forze dell'ordine non sono esattamente bene accette, sono letteralmente picchiate e buttate fuori. È capitato quando due agenti della polizia hanno cercato di sedare una rissa. Oppure può capitare ad un agente in borghese, mentre coglie in flagranza di reato un ladro intento a rubare un motorino, sentirsi ammonire pesantemente dal ladro che gli chiede di lasciar perdere e di evitare di distrarlo dalle sue operazioni. Anche i blitz spettacolari e coordinati dalla Direzione Investigativa Antimafia o dalla Legione dei Carabinieri, che possono arrivare a schierare in una notte due elicotteri con visuale ad infrarossi e un centinaio di agenti, possono diventare complicati in questa zona della città. Nel reticolo delle cosidette insulae si sono creati bunker sotterranei, garage che ospitano tutte le partite di droga che passano dal quartiere o le auto ed i ciclomotori rubati in città prima della vendita sul mercato nero. È in un clima di rabbia e odio per lo Stato e tutto ciò che lo rappresenta che si spiega la reazione degli occupanti abusivi dell'Insula 3, l'ultimo pezzo incompiuto del progetto originario di Gregotti. Chi ha vissuto in prima persona lo scippo dalle proprie case a Borgovecchio per essere catapultato in mezzo al nulla, strappato dai vicoli in cui è cresciuto porta ormai i capelli bianchi. Qualcuno è ritornato a Borgo Vecchio ma ha lasciato alle generazioni successive che sono nate e vivono allo Zen, tutta quella rabbia intatta per lo "scippo" subito negli anni sessanta. Come una sorta di peccato originale, l'abitante dello Zen nasce con un credito nei confronti dello Stato, un credito che deve essere riscosso in tutti i modi. Quando si è sparsa la notizia che il completamento dell'Insula 3 comportava l'insediamento di una caserma dei carabinieri ed alcuni uffici comunali a scapito di alcuni complessi abitativi presenti nel progetto originario dell'Istituto Autonomo Case Popolari, la rabbia per un nuovo scippo è scattata immediata e violenta. Anche il costo della caserma dei carabinieri non è esattamente ad un prezzo di favore, ma il comune intende comunque incassare diecimila euro al mese di affitto da quel bene sottratto alla mafia ed al piano edilizio originario. A reclamare in questi giorni un'abitazione all''interno dello Zen sono in particolar modo i ragazzi più giovani che si ritrovano già sulle spalle una famiglia. Un caso emblematico, di cui ha parlato persino il programma televisivo "Le Iene" nel marzo scorso, ha visto coinvolta una signora che dopo appena due settimane di lontananza dalla propria casa, se l'è vista occupare dal figlio del dirimpettaio. Una fame di case per un quartiere che ha preso il nome di San Filippo Neri, il santo della gioia della chiesa cristiana, come a voler indicare la volontà di voltare pagina, dimenticare ciò che porta dietro di sé lo Zen. Ma la storia purtroppo, non cambia. In uno dei pizzini che ha incastrato l'architetto Giuseppe Liga, il presunto successore dei Lo Piccolo nella reggenza della cupola mafiosa a Palermo, si può leggere come dallo Zen provenga il principale flusso di denaro su pizzo ed estorsioni, ben undicimila euro in un mese. A riscuotere il pizzo i capicondominio che fanno pagare da venti a trenta euro a famiglia, più la percentuale sui furti, le vendite di droga, il giro di prostituzione e il pizzo dai cantieri che sorgono in zona. In alcuni di questi si stanno concentrando le indagini della direzione distrettuale antimafia. Sotto la lente di ingrandimento è finito il progetto per la costruzione di diciotto villette a schiera, realizzate in collaborazione con la Coop Anemone di Giuseppe Crisafulli, di cui l'architetto Liga era consulente. Come emerso recentemente, l'apporto di Giuseppe Liga fu fondamentale per avviare la pratica di costruzione all'interno di uno dei lotti di proprietà di Crisafulli, dove sorgeva un fabbricato inizialmente considerato in qualche modo "storico" e quindi intangibile. Arrivato il benestare dalla perizia di controllo, la pratica rimase impantanata per al comune di Palermo. Fu così che tramite il commissariamento della pratica, ad opera di Mario Milone, assessore all'urbanistica al comune di Palermo ai tempi dell'avvio della pratica, le carte passarono di mano all'assessorato regionale che il 18 dicembre 2009 nominò un commissario ad acta per il comune di Palermo. La firma porta il nome di Mario Milone, lo stesso ex assessore all'urbanistica del comune di Palermo che in quel periodo era nella scuderia di Lombardo proprio all'assessorato per l'urbanistica. Il commissario nominato fu Giuseppe Traina, la cui attività fu di fatto bloccata dal consiglio comunale perché considerata incompleta. Si arriva così al 2 gennaio 2010, quando nella nuova giunta al comune di Palermo, all'assessorato per l'urbanistica si ripresenta proprio Mario Milone che riceve una nuova pratica, fornita dalla Coop Anemone, per avviare la costruzione di un complesso di diciotto villette a schiera in uno solo dei cinque lotti di terreno dello Zen dichiarati nella prima versione del progetto. Il 4 marzo 2010 il Commissario ad acta ha di fatto chiuso la pratica per una nuova incompletezza della pratica, ma da questo punto in poi la faccenda diventa complicata. Passano appena due settimane e uno dei consulenti eccellenti della Cooperativa Anemone, Giuseppe Liga, viene arrestato e incarcerato immediatamente sotto il regime imposto dal 41bis. Nel frattempo accadono due cose degne di nota. All'Ars parte un'interrogazione parlamentare da parte di Davide Faraone, che chiede un chiarimento sulla vicenda e passa tutti i documenti, relativi alla pratica della Coop Anemone, alla Commissione Regionale Antimafia dove Salvino Caputo, ex An, avvia una richiesta di accesso agli atti per conoscere i rapporti professionali esistenti tra i vari uffici regionali e il Liga, anche attraverso le società a lui intestate. La seconda cosa degna di nota dell'intera vicenda è la dichiarazione che Lombardo fa al pm Antonio Ingroia riguardo i rapporti intrattenuti con Liga. Parte dei risultati dell'indagine non tarderanno ad arrivare. Lo stesso Liga si vantava di aver svolto diversi lavori sia per privati che per enti pubblici. Persino la richiesta di grazia da parte di Totò Riina al cardinale di Milano Tettamanzi può essere letta in un'altra prospettiva. Di fronte alla spavalderia con cui Liga ha liberamente affermato nella sua ultima intervista di essere vicino alle gerarchie ecclesiali il messaggio di Riina può risuonare come un messaggio trasversale, diretto a chi cerca di riscostruire la Cupola a Palermo. Attorno allo Zen ruotano tante storie di sfruttamento, speculazione edilizia e mafia, ma anche quelle di piccole ong che tramite la cultura della legalità e dello sport cercano di tirare su il quartiere. A proposito di sport, proprio nella zona di San Filippo Neri dovrebbe sorgere il nuovo stadio del Palermo Calcio, uno degli impianti sportivi che dovrà convincere l'Uefa a far disputare i campionati europei del 2016 in Italia. Il costo dell'impianto, previsto per 35.000 spettatori, è di ben 196 milioni di euro, il più costoso in Italia, quasi cento milioni in più del nuovo stadio a Torino e quaranta volte il costo dell'ammodernamento dello stadio Olimpico di Roma che dovrebbe ospitare la finale. Uno scherzo, degno di San Filippo Neri? Forse, di fatto costruire uno stadio allo Zen rappresenta un affare.


Francesco Quartararo

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