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lunedì 22 marzo 2010

Quel che rimane di Cosa Nostra a pochi giorni dalla cattura di Matteo Messina Denaro

Matteo Messina Denaro on the cover of L'Espres...Image via Wikipedia

Il titolo è forse un po' azzardato, ma gli elementi ci sono tutti. Con la cattura dei Lo Piccolo la "dirigenza" di Cosa Nostra doveva essere decisa in comune accordo tra le sponde mafiose statunitensi e quelle siciliane. Matteo Messina Denaro ha avuto il consenso sia dei reggenti locali che dei cosiddetti "fuggiaschi", ovvero i superstiti alla guerra di mafia che ha portato i corleonesi a gestire gli affari mafiosi. Roberto Settineri ha favorito questi contatti, ma la collaborazione stretta tra Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) ed FBI ha permesso di far saltare questo legame che correva sul filo dei contatti con politici e professionisti locali oltre che sulle linee di Skype, software inizialmente impossibile da intercettare. Nella recente operazione Golem 2, tesa a smantellare la rete di protezione attorno al boss Matteo Messina Denaro, è caduto in trappola il fratello. Uno dei pochi uomini di cui il boss poteva fidarsi ciecamente, visto che da quanto emerge dai filmati che rimbalzano sui media, i suoi uomini lo hanno tradito. Non in maniera plateale si intende, ma hanno contravvenuto all'ordine perentorio di non parlare di "affari" in luoghi chiusi. La nuova generazione dei padrini sembra pronta per essere smantellata, come dimostra il blitz notturno che ha portato alla cattura di un architetto considerato, sorprendentemente, l'erede diretto del potere mafioso dei Lo Piccolo e quindi unico referente a Palermo di Matteo Messina Denaro. Su Giuseppe Liga pesano mesi di appostamenti, pedinamenti, pizzini ed intercettazioni. Una di queste, arrivata quasi in maniera casuale grazie al metodo delle intercettazioni a strascico, tanto vituperate da certi ambienti politici e che fanno discutere gli italiani, hanno permesso ai procuratori Francesco Del Bene, Annamaria Picozzi, Marcello Viola, Antonio Ingroia e Gaetano Paci di riconoscere chi era l'architetto che aveva continuato a gestire il tesoro dei Lo Piccolo, fatto di estorsioni, riscossione del pizzo e della droga. Con lui anche il cognato di Salvatore Inzerillo, uno dei fuggiaschi di ritorno di cui parlavo prima. Giuseppe Liga rappresenta il caso più eclatante del professionista (proprietario del ristorante Lo Sparviero inoltre), cattolico e politico impegnato che infiltra tutti gli apparati, sia pubblici che privati, per rappresentare gli interessi di Cosa Nostra. Giuseppe Liga, oltre che essere definito "reggente" persino nella sua scheda del Movimento Cristiano Lavoratori, si permetteva di entrare nei palazzi della Regione Sicilia per chiacchierare con il suo presidente, come testimoniato da questa foto scattata il 2 giugno 2009, e parlare dell'incontro con il presidente dell'MCL Marco Belluardo, già assessore comunale a Catania. Come raccontava il pm Gaetano Paci prima ancora che si arrivasse alla cattura di Provenzano sulle pagine di questo blog, i legami più difficili da smantellare sono quelli tra la mafia e la politica. Non solo, ma la lotta più importante alla mafia è fatta dalle scuole. La generazione che gestisce Cosa Nostra è fatta tutta da gente che appartiene agli anni sessanta e settanta, spetterà alla generazione degli anni ottanta e novanta decidere se rompere o meno la rete delle connivenze. Le generazioni degli ultimi vent'anni hanno conosciuto la mafia stragista, quella che uccideva nelle strade e che per sfuggire agli sbirri si nascondeva nei casolari di campagna, alla stregua di un pastore afghano. Non c'è niente di mitico o di rispettabile nella vita da boss. Persino Matteo Messina Denaro, con la sua scelta atipica di fare il donnaiolo, vivere la vita al massimo acquistando macchine potenti e spendendo molto per viaggiare si è attirato le antipatie dei capi storici, che mal sopportano la mancanza del vecchio stile in Messina Denaro. Lo spiegavano chiaramente sia Provenzano che Lo Piccolo in alcuni pizzini, mentre dal carcere il vecchio e morente Totò Riina ha recentemente mandato uno dei suoi soliti segnali. "Loro pagheranno". Riferita alla nuova generazione troppo irruente o ai magistrati che continuano a smantellare pezzo per pezzo Cosa Nostra? I segnali dell'imminente cattura di Matteo Messina Denaro ci sono tutti. Come spiegato in questo ampio riassunto, gli inquirenti hanno ormai un quadro completo della rete che finora ha coperto Messina Denaro. Quando a Palermo si è alla vigilia di una grossa cattura ci sono dei segnali inconfondibili in alcune parti della città. Da almeno giovedì la città sembra ribollire, ma in maniera sotterranea. Poco, pochissimo movimento in alcune zone calde, di contro portoni spalancati e volanti a velocità folle. La strategia è chiara: per ora Messina Denaro deve vedere in ogni Tg, giornale e mezzo stampa come la sua rete abbia avuto dei buchi, i suoi uomini non hanno rispettato gli ordini e quando si accorgerà di essere veramente in trappola sarà troppo tardi. Entro due settimane la sua latitanza sarà finita. Chi è allora che prenderà il suo posto? Chi sarà incaricato di reggere i cocci di Cosa Nostra? Un indizio lo da il ministero degli interni, che colloca il nome del prossimo reggente come quello del ricercato numero uno, mentre Messina Denaro è solo al dodicesimo posto. Si tratta di Vito Badalamenti, figlio del noto Tano Badalamenti, conosciuto anche dai più giovani grazie al film "I Cento Passi", responsabile della costruzione dell'aeroporto di Punta Raisi a ridosso di una montagna. Vito Badalamenti sembrerebbe essere latitante in Australia o in Brasile, da dove però sembra in grado di gestire i contatti con le cosche che contano in America ed in Sicilia. Un altro indizio è dato dal flusso di droga che sbarca in Italia, sempre più massiccio dal Brasile che non da altri paesi del cartello della droga. Che dietro questo incremento si nasconda l'ordine del prossimo capo di Cosa Nostra?

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