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martedì 27 maggio 2008

Londra, what a city! Parte terza


Pronti, partenza via. Ecco il tema della seconda giornata a Londra, quella più lunga e stancante, di gran lunga la più densa. Non c'è tempo per la doccia completa, i capelli rimangono bagnati e con i 12 gradi mattutini l'unica cosa che mi può salvare è un cappellino. Colazione al Caffè Nero, mitica catena in franchising di bar all'italiana, con vista su Liverpool Station. La prima tappa del nostro itinerario è verso la Tower of London, dove sono riposti i gioielli della corona. La Tube o i bus? Usiamo i bus! Deviazione in pieno centro per lavori di trasloco di qualche riccone. Panico? Quasi. Chiediamo informazioni a passanti e a operai al lavoro. Uno di questi ci indica la strada mentre ingurgita in maniera famelica il suo panino. Chiedergli "parla come mangi" in questo caso non è stato una buona idea. Dopo un giro sulla mappa alquanto tortuoso, tra grattacieli e chiesette tipo spada nella roccia, arriviamo alla cinta esterna delle mura che circondano la Torre di Londra. Tutti in fila per il biglietto, senza sgomitare. Una famiglia indiana mi guarda con un misto di commiserazione e simpatia, la camicia che indosso sembra uscita dalla lavanderia di fiducia di Jimi Hendrix, con i suoi colori psichedelici disegnati dallo stilista Jack "LSD" Fusion. Solo in terra straniera avrei potuto indossare una camicia presa d'occasione 8 anni in pieno centro storico a Palermo in un negozio afrikaans vicino Ballarò. Preso il biglietto all'ingresso una simpatica guardia vestita da yeoman (la middle class del medioevo da quelle parti) controlla gli zaini. Arrivato il mio turno ricordo di aver messo nel mio Lonsdale un phone, nel caso in cui fossi riuscito a trovare un bagno con una presa per asciugarmi i capelli messi a forza sotto il mio cappellino. Lo strano rigonfiamento insospettisce la guardia, probabilmente avrà pensato che quel tipo con quell'inglese dall'accento da extracomunitario era un pericoloso terrorista pronto a chissà quale strage: tirato fuori il phone non mi ha nemmeno guardato, mi ha dato una pacca sulla spalla dicendo: "next please". Il comico ingresso nella struttura proietta me e la mia girlfriend in un mondo fiabesco fatto di castelli, regine, guardie alabardate, prigionieri torturati e leggende locali. Come quella dei corvi allevati dallo staff di sua maestà, cresciuti e riveriti perché il futuro della monarchia in Inghilterra dipende dalla presenza dei neri e pasciuti corvi all'interno del castello. All'interno tra tante ricostruzioni storiche troviamo anche i panni stesi di chi vive lì dentro e si occupa di scortare i turisti, di controllare il museo storico delle armature del regno e di tutto ciò che si trova all'interno di questa enorme struttura. Armature e armi che vanno dal 1066 fino alla seconda guerra mondiale, con tanto di Guinness World Record: accanto alla mastodontica armatura da guerra di Enrico VIII, padre di Elisabetta I, noto per la creazione dell'anglicanesimo e la sua incapacità a generare un erede maschio, si trovavano l'armatura del guerriero più piccolo e di quello più grande che siano mai scesi su di un campo di battaglia: la prima armatura arrivava a malapena al mio ginocchio e la spada era lunga non più di 20 cm. La seconda armatura apparteneva ad un colosso di 2,10m, dalla notevole prestanza fisica in quanto le sue spalle ricoprivano una superficie pari ad un armadio a tre ante. Anche la sua spada era impressionante, circa 2m. Meraviglia delle meraviglie la sala dei gioielli della corona, mostrati prima in un percorso storiografico tramite foto e filmati dell'archivio reale e poi rapidamente mostrati su di un nastro semovente da cui scorgere le corone reali. Il colore della monarchia inglese è il viola, presente su tutti gli ornamenti. Per vedere i gioielli veri e propri si deve entrare in un'enorme cassaforte, al cui interno sono celate coppe d'oro massiccio per il vino, orologi in oro puro, coppe, piatti e ogni altra cosa immaginabile. Una curiosità: nella sala dove sono scritti i nomi dei re con affissi i relativi stemmi, si nota che dopo l'attuale regina Elisabetta II vi sono solo due posti liberi. Pausa pranzo con fish and chips, alla maniera dei muratori inglesi che nei secoli hanno prima costruito chiese e palazzi e negli ultimi anni i grattacieli. Un merluzzo intero, fresco, impanato e fritto. Il gusto è quello dei bastoncini Findus, ma la quantità è enorme. Con le patatine posso scegliere tra senape, mostarda, maionese e ketchup. Mischio un di maionese e ketchup tra la curiosità degli inservienti al fast food: eureka! Ho inventato la salsa rosa! Prossima tappa Tower Bridge, mentre i miei adduttori mi lanciano fitte dolorose ed il ginocchio della mia girlfriend scricchiola. Foto di rito e matrimonio indù in salsa bollywoodiana a cui assistiamo per caso. Ci trasciniamo via verso la Tube, per avviarci alla ricerca della mitica Temple Church. La troveremo dopo un lungo penare, chiusa per matrimonio. Mi riservo di descriverla al nostro secondo passaggio due giorni dopo. Lungo la strada scorgiamo da lontano la cattedrale di St. Paul, anche quella visitata solo due giorni dopo. Per puro caso troviamo invece The Bride Church, detta così perché cara alle neo spose, frequentata da John Locke e dedicata ai giornalisti. Entriamo in questa chiesa dalla struttura simile a quella di un cappello a punta, troviamo una targa lasciata da sua maestà Elisabetta II e da alcuni esponenti della cavalleria. Alla nostra sinistra degli scranni coperti di targhette dei giornalisti del Regno Unito, morti nella ricerca della verità giornalistica da offrire anche a costo della vita. Ogni giornale ha la sua targa, mentre tra i tanti nomi riconosciamo quello di Sir Reuters. Torneremo una seconda volta, facendo la preghiera del giornalista ed assistendo ad un emozionante concerto di archi e pianoforte. Un angolo di Londra immerso in una zona a fortissima presenza massonica, con circoli esclusivi segnalati dalle targhe lungo la strada e dai simboli che circondano i monumenti presenti sulla strada. Prossima tappa British Museum e Trafalgar Square, verso la National Gallery. Il viaggio sarà descritto dalla mia girlfriend, io posso solo dire che dopo tanta meraviglia le mie parole sono state: "I feel like a soup". La stanchezza prevalse sulla meraviglia.



Macchia 1986

1 commento:

Anonimo ha detto...

eccezionale è dir poco!! io quella camicia l'adoro.. peccato per il phon, sarebbe stata una bella esperienza asciugarsi i capelli nella torre di Londra, magari nel gabinetto di Maria Stuarda!! ;)

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