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martedì 27 maggio 2008

Londra, what a city! Parte quarta


E poi la vedi: è lì nella sua maestosità…non sai bene se è grigia o è solo il colore del cielo che si riflette nel suo marmo.
La sua forma, quasi di tempio greco, ti anticipa che quello è un luogo sacro e che i “pellegrini”che vi si recano , avidi di bellezza o solo pieni di curiosità, non devono violare quel luogo con rumori troppo forti o trilli di telefonino.
Già, il telefonino: come il mio che trilla nella mia tasca annunciandomi ( secondo le regole, fin troppo forte) che Simona ci ha raggiunti.
Ma è solo un breve intermezzo in quella passeggiata che come abbiamo ironicamente detto ci sta facendo attraversare ben 5 secoli di storia dell’arte.
Un occhio veloce alla nostra guida: il tempo è tiranno ma io voglio vedere e osservare, sono avida di colori e di tele , di vedere da vicino i quadri che ho osservato solo sulla carta patinata dei libri di scuola.
Cominciamo a girare: per una visita appagante alla National Gallery bisogna puntare più sulla qualità che non sulla quantità.
Guardiamo i primi quadri e in quel turbinio di colori ci domandiamo se è normale trovare lì tutti quei tesori, da Antonello da Messina fino a Caravaggio.
Dopo avere visitato le prime cinque o sei sale la curiosità la fa da padrona e con il nostro accento molto-poco british chiediamo “sorry, where is the “Virgin of the Rocks”?”. Una signorina molto gentile ci rimanda al numero della sala.. ci avviciniamo sempre di più, passando per la Venere e Marte di Botticelli, il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, la sepoltura di Michelangelo, Bacco e Arianna di Tiziano.. e poi eccola lì: La Vergine delle rocce di Leonardo… guardarla da vicino fa quasi impressione.
In me affiorano echi della scuola superiore che hanno la voce della mia prof.ssa di storia dell’arte:
L'interpretazione ufficiale della "Vergine delle Rocce", è quella che identifica la figura di Gesù con quella del bambino posto in basso, nell'atto di benedire, e quella della figura del piccolo Giovanni Battista con il bimbo genuflesso abbracciato dalla Vergine. Ribaltando tale interpretazione, si potrebbe invece immaginare che la figura del Gesù possa essere quella posta in alto, accompagnata dall'amorevole gesto della Madonna, e che quella del bambino sottostante, benedicente, sia invece quella del Battista, quasi a volere prefigurare in questo gesto, l'atto futuro che il Battista avrebbe compiuto nei confronti del Cristo: il Battesimo. Quanta simbologia in questo gesto! Qui sembra che Leonardo, instancabile indagatore, sia voluto pervenire all'origine della scelta del Battista come Colui che un giorno avrebbe potuto compiere un atto talmente sacro, come quello di battezzare Gesù. Forse per questo ambienta tutto in una caverna, che ci ricorda l'origine dei tempi, e dunque l'origine della scelta. E forse è per questo che è presente, sullo fondo, l'elemento dell'acqua. Alla luce di questa possibile interpretazione osservando bene il dipinto “La Vergine delle Rocce”, la prima cosa a risaltare sarebbe il gesto affettuoso con il quale la Madre accosta il figlio al Battista mentre, con l'altra, si accinge a benedire il capo del Giovannino. È come se la Madonna si facesse da tramite, per trasferire la benedizione di Gesù al Battista, che ora a sua volta, può legittimamente osare di benedire il Bambino Gesù. Ma ecco che dal quadro emerge una figura, quella più adeguata a dare annunci, l'Angelo. L''Angelo si rivolge a noi spettatori, e ci indica quale è il figlio di Dio. Pare infatti volerci dire con il suo gesto: è Lui il Bambino divino.
E mi ritrovo inconsapevolmente a ringraziare la prof.ssa per quello che mi ha insegnato..
Proseguiamo per le sale e ci ritroviamo di fronte ai dipinti Cézanne, Vermeer, Velázquez, Degas, Monet, Rembrandt e Rubens.. quanta emozione nel vedere i quadri del padre del cubismo qui a non più di un metro dal mio viso.. Il pittore delle “ballerine” mi emoziona (forse anche per un motivo personale) e i quadri di Monet mi lasciano senza fiato, quasi in sospeso tra quelle pennellate di colore così approssimative ma così vere, autentiche.
Il puntinismo di Seurat mi cattura… Le dimensioni del suo quadro mi portano in quello stesso prati, accanto ai signori ben vestiti, ad osservare la scena e quella barchetta.
Renoir e le sue forme generose mi fanno sorridere ( sarà perché ho sempre pensato dopotutto di essere una delle sue “bagnanti” in carne -soprattutto quella- e ossa?).
Uno dei momenti topici è stato senz’altro trovarsi davanti ai miei amati “girasoli” di Van Gogh…è il primo vaso di girasoli che Van Gogh dipinse ad Arles, quando divideva casa con Paul Gaugin: quelle pennellate aggressive, che denotano tutta la follia e la lucidità del pittore olandese, mi catturano e per un paio di secondi mi rivolgo al giallo di questo quadro con curiosità: non è né troppo acceso ne è spento ma vibra di un intensità tutta sua e un po’ mi inquieta,
bene, è meglio andare avanti… osserviamo ancora qualche dipinto, nel frattempo un gentilissimo signore ci informa che lo zaino di Francesco è aperto e di controllare se manca qualcosa( e poi dicono che i londinesi sono sgarbati). Stiamo ancora cercando il Caravaggio: sappiamo che è in questa sala ma non sappiamo dove.. e poi qui la gaffe, che alla fin fine ci sta e ci fa ridere di gusto.
F: Quello è un Caravaggio?
C: No, non è lui..mi sa che è quello
F: Sbagliato.. è questo..
C: no, non vedi, è di un altro pittore..
F: questo non mi sembra proprio
C: nemmeno a me..
F: è lui!
La Cena in Emmaus di Caravaggio.. come abbiamo potuto confonderla!
Stavolta mi maledico e ringrazio che la prof. Di storia dell’arte all’Università mi abbia dato 30 e lode ma non legge i blog (per fortuna).
I due discepoli mostrano stupore, Cleofa si alza dalla sedia e mostra in primo piano il gomito piegato; Pietro vestito da pellegrino con la conchiglia sul petto, allarga le braccia con un gesto che mima simbolicamente la croce, e unisce la zona in ombra con quella dove cade la luce; anche il braccio di Cristo, proteso in avanti, dipinto in scorcio, da l'impressione di profondità spaziale; il quarto personaggio, l'oste, mostra uno stupore senza consapevolezza, non coglie il significato dell'episodio cui sta assistendo; il discepolo posto di spalle, infine, funge da espediente per coinvolgere più direttamente lo spettatore nella scena.Caravaggio da risalto al brano di natura morta sul tavolo, con i vari oggetti descritti con grande virtuosismo, unendo ancora una volta realismo e simbolismo in un linguaggio unico. La brocca di vetro e il bicchiere riflettono la luce, il pollo con le gambe stecchite è stato interpretato come simbolo della morte, l’uva bianca la resurrezione…Ma ciò che importa di più è che ci sentiamo letteralmente catturati dentro quel bellissimo dipinto, tridimensionalmente parte della scena.
Poi una voce interrompe questo momento di agape : uno degli addetti ci invita ad avviarci all’uscita perché la galleria chiude alle 18.
A malincuore lasciamo quel regno dorato alle nostre spalle, consapevoli che ci sarebbe voluto più tempo per assaporare a pieno ogni singolo colore, movimento del braccio di quelle figure fantastiche che popolano secoli e secoli di storia dell’arte.
Usciamo ed è il 26 Aprile 2008: fuori dalla galleria è una tipica giornata londinese, la gente si affolla sulla piazza e noi ci ritroviamo a pensare che i nostri piedi stanchi ( dopo ben 10 ore quasi ininterrotte di cammino) non potevano portarci in un posto migliore di Trafalgar, all’ombra della statua dell’impavido ammiraglio che portò la sua Inghilterra alla vittoria e alla gloria. Che però, traduntur, soffriva di mal di mare!


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