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giovedì 30 ottobre 2008

La rincorsa alla Casa Bianca, parte decima

Ultima puntata di questo lungo racconto della campagna elettorale americana. Dopo aver seguito con attenzione la lotta all'interno dei due partiti per la candidatura finale, dopo l'estenuante lotta tra la Clinton e Obama eccoci alla settimana finale. I sondaggi si rincorrono, oscillando tra un massimo del 15% ed un minimo del 2% di punti percentuali sulle intenzioni di voto. Calcolando un errore medio intorno al 2,9% la statistica non aiuta più di tanto a capire chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti ma possiamo provare a fare una previsione basata sui fatti che hanno segnato le ultime settimane. La crisi economico-finanziara e lo spettro della recessione hanno inizialmente favorito prepotentemente la campagna elettorale di Barack Obama, che ha fatto valere la sua preparazione universitaria contro la rudezza spicciola del veterano di guerra John McCain. Un effetto che si sta esaurendo vista la contromossa del partito repubblicano, che ha attaccato la ricetta Obama agitando lo spauracchio di nuove tasse, portando alla ribalta le richieste del libero professionista "Joe l'idraulico". Sarah Palin, da voce delle donne repubblicane che lottano ogni giorno per tenere unita la famiglia media americana, con sacrificio e determinazione, si sta rivelando una iattura per il partito repubblicano: spese spropositate per i propri vestiti, quel bambino Dawn usato come una bandierina, un processo che ha certificato l'abuso di potere in Alaska per regolare una vendetta personale e l'annuncio che comunque vada a finire nel 2012 Sarah Palin si candiderà da sola alla presidenza, senza magari rinunciare ad un futuro televisivo. In campo democratico si devono fare i conti con un attentato xenofobo sventato, un razzismo strisciante che detiene tutt'ora un certo potere, come dimostrano i numeri del sito Stormfront, una crisi con la Siria che se si dovesse aggravare sposterebbe l'attenzione dell'opinione pubblica sui nemici esterni del terrorismo contro cui i repubblicani hanno lanciato la propria crociata, bruciando miliardi e consensi. L'ultima arma usata da Obama è stata la trasmissione di uno spot di mezz'ora costruito per parlare all'intera America con una voce calma e pacata, rassicurante ed ammaliante. Il risultato finale parla democratico, ma l'odio razziale e lo spauracchio di un nuovo statalismo forte con un mercato controllato possono far pendere la bilancia verso un pareggio. Un pareggio che sarebbe poi regolato dall'esercito di avvocati schierati dai due candidati. Il mondo rimane in attesa del 4 novembre, mentre le borse continuano a volare sull'ottovolante.

Francesco Quartararo

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