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lunedì 3 maggio 2010

Un viaggio a tutto tondo per risolvere lo ZENigma

Il nome è altamente evocativo, il suo destino invece è segnato da uno scippo. Quello che alcuni abitanti di Borgo Vecchio subirono quarant'anni fa, quando per iniziare a mettere mano al centro storico diroccato e distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, si pensò bene di portare gli abitanti in un nuovo quartiere, creato apposta dal piano urbanistico del 1962 che passò alla storia come parte integrante del cosiddetto "sacco di Palermo". Colate di cemento che distrussero ville liberty, ormai abbandonate dalla nobiltà palermitana squattrinata e che portarono alla costruzione dello Zen. L'aerea su cui sorge una delle zone più pericolose d'Italia, si trova in una zona che a causa di una depressione naturale risulta poco arieggiata e palesemente inadatta ad ospitare un quartiere popolare. Gli interessi in gioco quarant'anni fa erano però enormi, ecco perché l'allora assessore ai lavori pubblici, Vito Ciancimino, diede subito l'ok per la costruzione della cosiddetta Zona Espansione Nord. Fu indetta una gara nazionale vinta dallo studio Gregotti associati, composto da un pool di architetti capeggiati dal milanese Vittorio Gregotti, che in quarant'anni di attività ha costruito in tutto il mondo opere ispirate al neoliberty in almeno tre continenti, elevandosi a faro dell'architettura italiana. Lo Zen però risulta essere uno dei peggiori errori di gioventù che possono essergli capitati. Un dedalo di casermoni squadrati, monocromatici, disposti a scacchiera in mezzo al nulla. Una terra di nessuno che gli abitanti del quartiere, ben sedicimila ormai, hanno trasformato in una sorta di città-stato dentro la città. Allo Zen si entra scortati, o dalle forze dell'ordine o da qualcuno del posto. Al primo ingresso in macchina almeno due motorini ti affiancano per capire esattamente chi hanno davanti, magari segnarsi pure il numero di targa per poi un giorno prendere "in prestito" l'autoradio o la macchina su cui ti sposti. Rispetto ad altri quartieri, nati appunto grazie al sacco di Palermo, qui la rabbia contro lo Stato e le istituzioni non ha mai permesso di creare quelle strutture che trasformano un quartiere dormitorio in un quartiere vivibile. Nessun negozio, giardino pubblico o supermercato, solo palazzoni e polvere che si alzano da pezzi di terreno non asfaltati. Ogni cosa ha un prezzo all'interno dello Zen, un voto a proprio favore durante la campagna elettorale può costare dai 50 ai 100 euro, oppure val bene un'antenna parabolica, così si possono vedere tutti i canali satellitari. L'abbonamento? Ci pensa il responsabile di zona, il capocondominio o il picciotto fidato del boss. Qualsiasi cosa può essere ottenuta allo Zen, basta avere la moneta giusta per ottenerla. Come è emerso dalle cronache tristi provenienti da questa zona della città, persino un vassoio di cannoli val bene una figlia minorenne, letteralmente venduta ad un uomo più anziano e leggermente più benestante. Nella città-stato dello Zen la giustizia è regolamentata dall'interno, le forze dell'ordine non sono esattamente bene accette, sono letteralmente picchiate e buttate fuori. È capitato quando due agenti della polizia hanno cercato di sedare una rissa. Oppure può capitare ad un agente in borghese, mentre coglie in flagranza di reato un ladro intento a rubare un motorino, sentirsi ammonire pesantemente dal ladro che gli chiede di lasciar perdere e di evitare di distrarlo dalle sue operazioni. Anche i blitz spettacolari e coordinati dalla Direzione Investigativa Antimafia o dalla Legione dei Carabinieri, che possono arrivare a schierare in una notte due elicotteri con visuale ad infrarossi e un centinaio di agenti, possono diventare complicati in questa zona della città. Nel reticolo delle cosidette insulae si sono creati bunker sotterranei, garage che ospitano tutte le partite di droga che passano dal quartiere o le auto ed i ciclomotori rubati in città prima della vendita sul mercato nero. È in un clima di rabbia e odio per lo Stato e tutto ciò che lo rappresenta che si spiega la reazione degli occupanti abusivi dell'Insula 3, l'ultimo pezzo incompiuto del progetto originario di Gregotti. Chi ha vissuto in prima persona lo scippo dalle proprie case a Borgovecchio per essere catapultato in mezzo al nulla, strappato dai vicoli in cui è cresciuto porta ormai i capelli bianchi. Qualcuno è ritornato a Borgo Vecchio ma ha lasciato alle generazioni successive che sono nate e vivono allo Zen, tutta quella rabbia intatta per lo "scippo" subito negli anni sessanta. Come una sorta di peccato originale, l'abitante dello Zen nasce con un credito nei confronti dello Stato, un credito che deve essere riscosso in tutti i modi. Quando si è sparsa la notizia che il completamento dell'Insula 3 comportava l'insediamento di una caserma dei carabinieri ed alcuni uffici comunali a scapito di alcuni complessi abitativi presenti nel progetto originario dell'Istituto Autonomo Case Popolari, la rabbia per un nuovo scippo è scattata immediata e violenta. Anche il costo della caserma dei carabinieri non è esattamente ad un prezzo di favore, ma il comune intende comunque incassare diecimila euro al mese di affitto da quel bene sottratto alla mafia ed al piano edilizio originario. A reclamare in questi giorni un'abitazione all''interno dello Zen sono in particolar modo i ragazzi più giovani che si ritrovano già sulle spalle una famiglia. Un caso emblematico, di cui ha parlato persino il programma televisivo "Le Iene" nel marzo scorso, ha visto coinvolta una signora che dopo appena due settimane di lontananza dalla propria casa, se l'è vista occupare dal figlio del dirimpettaio. Una fame di case per un quartiere che ha preso il nome di San Filippo Neri, il santo della gioia della chiesa cristiana, come a voler indicare la volontà di voltare pagina, dimenticare ciò che porta dietro di sé lo Zen. Ma la storia purtroppo, non cambia. In uno dei pizzini che ha incastrato l'architetto Giuseppe Liga, il presunto successore dei Lo Piccolo nella reggenza della cupola mafiosa a Palermo, si può leggere come dallo Zen provenga il principale flusso di denaro su pizzo ed estorsioni, ben undicimila euro in un mese. A riscuotere il pizzo i capicondominio che fanno pagare da venti a trenta euro a famiglia, più la percentuale sui furti, le vendite di droga, il giro di prostituzione e il pizzo dai cantieri che sorgono in zona. In alcuni di questi si stanno concentrando le indagini della direzione distrettuale antimafia. Sotto la lente di ingrandimento è finito il progetto per la costruzione di diciotto villette a schiera, realizzate in collaborazione con la Coop Anemone di Giuseppe Crisafulli, di cui l'architetto Liga era consulente. Come emerso recentemente, l'apporto di Giuseppe Liga fu fondamentale per avviare la pratica di costruzione all'interno di uno dei lotti di proprietà di Crisafulli, dove sorgeva un fabbricato inizialmente considerato in qualche modo "storico" e quindi intangibile. Arrivato il benestare dalla perizia di controllo, la pratica rimase impantanata per al comune di Palermo. Fu così che tramite il commissariamento della pratica, ad opera di Mario Milone, assessore all'urbanistica al comune di Palermo ai tempi dell'avvio della pratica, le carte passarono di mano all'assessorato regionale che il 18 dicembre 2009 nominò un commissario ad acta per il comune di Palermo. La firma porta il nome di Mario Milone, lo stesso ex assessore all'urbanistica del comune di Palermo che in quel periodo era nella scuderia di Lombardo proprio all'assessorato per l'urbanistica. Il commissario nominato fu Giuseppe Traina, la cui attività fu di fatto bloccata dal consiglio comunale perché considerata incompleta. Si arriva così al 2 gennaio 2010, quando nella nuova giunta al comune di Palermo, all'assessorato per l'urbanistica si ripresenta proprio Mario Milone che riceve una nuova pratica, fornita dalla Coop Anemone, per avviare la costruzione di un complesso di diciotto villette a schiera in uno solo dei cinque lotti di terreno dello Zen dichiarati nella prima versione del progetto. Il 4 marzo 2010 il Commissario ad acta ha di fatto chiuso la pratica per una nuova incompletezza della pratica, ma da questo punto in poi la faccenda diventa complicata. Passano appena due settimane e uno dei consulenti eccellenti della Cooperativa Anemone, Giuseppe Liga, viene arrestato e incarcerato immediatamente sotto il regime imposto dal 41bis. Nel frattempo accadono due cose degne di nota. All'Ars parte un'interrogazione parlamentare da parte di Davide Faraone, che chiede un chiarimento sulla vicenda e passa tutti i documenti, relativi alla pratica della Coop Anemone, alla Commissione Regionale Antimafia dove Salvino Caputo, ex An, avvia una richiesta di accesso agli atti per conoscere i rapporti professionali esistenti tra i vari uffici regionali e il Liga, anche attraverso le società a lui intestate. La seconda cosa degna di nota dell'intera vicenda è la dichiarazione che Lombardo fa al pm Antonio Ingroia riguardo i rapporti intrattenuti con Liga. Parte dei risultati dell'indagine non tarderanno ad arrivare. Lo stesso Liga si vantava di aver svolto diversi lavori sia per privati che per enti pubblici. Persino la richiesta di grazia da parte di Totò Riina al cardinale di Milano Tettamanzi può essere letta in un'altra prospettiva. Di fronte alla spavalderia con cui Liga ha liberamente affermato nella sua ultima intervista di essere vicino alle gerarchie ecclesiali il messaggio di Riina può risuonare come un messaggio trasversale, diretto a chi cerca di riscostruire la Cupola a Palermo. Attorno allo Zen ruotano tante storie di sfruttamento, speculazione edilizia e mafia, ma anche quelle di piccole ong che tramite la cultura della legalità e dello sport cercano di tirare su il quartiere. A proposito di sport, proprio nella zona di San Filippo Neri dovrebbe sorgere il nuovo stadio del Palermo Calcio, uno degli impianti sportivi che dovrà convincere l'Uefa a far disputare i campionati europei del 2016 in Italia. Il costo dell'impianto, previsto per 35.000 spettatori, è di ben 196 milioni di euro, il più costoso in Italia, quasi cento milioni in più del nuovo stadio a Torino e quaranta volte il costo dell'ammodernamento dello stadio Olimpico di Roma che dovrebbe ospitare la finale. Uno scherzo, degno di San Filippo Neri? Forse, di fatto costruire uno stadio allo Zen rappresenta un affare.


Francesco Quartararo

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