La notte buia del calcio
La grossa differenza rispetto alla tragica fine del derby tra Catania e Palermo è che dopo lo sgomento si sapeva che qualcosa andava fatto. Dopo la morte di Raciti si era capito che qualcosa sarebbe cambiato in positivo, non si poteva scendere più in basso. Ma da ieri le cose sono diverse. La morte di un'altra persona ad una stazione dell'autogrill, tifoso di una squadra di calcio ha acceso un incendio di violenza diffusa ed organizzata. Ricostruendo la vicenda nell'arco della giornata di ieri, le colpe di un tale disastro sono diffuse. La presunta rissa tra i due gruppetti di tifosi era già finita, le auto stavano per ripartire mentre dall'altro lato dell'autostrada due poliziotti esplodevano due colpi di pistola per fermare quello che ai loro occhi era l'assalto ad un portavalori lì vicino. La follia umana e la mala sorte hanno voluto che uno di quei proiettili attraversasse l'autostrada - senza beccare nessuno - e si fermasse all'altezza del collo di un dj romano colpevole di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato. La ricostruzione ufficiale spiega così questa storia da far west, con molte incertezze e con parecchi punti al limite del fantascientifico. Tre ore di silenzio mediatico sulla vicenda portano alle orecchie dei tifosi laziali poche e confuse notizie, bastevoli per gettare nel caos la Federcalcio, il CONI, i canali che pagano i diritti televisivi per la messa in onda le partite e l'osservatorio del Viminale. Inter-Lazio rinviata, le altre partite posticipate di 1o'. Una scelta motivata da motivi di ordine pubblico. Ovvero per evitare di trasformare le tranquille famiglie allo stadio in un gruppo assatanato pronto a mettere a ferro e fuoco la città. Peccato che nessuno, al Viminale, in Federcalcio o al CONI abbia pensato che non rispettare la scomparsa di un tifoso poteva bastare per fermare per una giornata il campionato, mandando a casa gli ultras in lutto. La protesta ultras, almeno inizialmente, aveva una sua ragion d'essere: fermare la partita sarebbe stato un atto di civiltà. Per attuare questo principio di civiltà si è dovuto ricorrere agli strumenti persuasori degli ultras italiani: spranghe, tombini di ferro, fumogeni e bombe carta. La protesta unisce le tifoserie opposte di Bergamo e Brescia, Lazio e Roma. Ma la situazione è ormai sfuggita di mano e la protesta assume i contorni della rivolta organizzata. Il malumore serpeggiante dal derby di Catania, la rabbia accecante della notizia di un poliziotto che a distanza uccide a colpi di pistola un tifoso indifeso e lo sgomento nei confronti del governo sportivo, incapace di partorire decisioni serie e tempestive. Il Viminale rimane con gli occhi chiusi di fronte all'enorme rischio che si corre e vieta all'ultimo il posticipo Roma-Cagliari per il rischio di ritorsioni dei tifosi romanisti e laziali coalizzati nel punire con durezza il mondo sportivo, governativo e televisivo pronto a condannare sempre le azioni dei tifosi ma sordo e cieco di fronte ad una vicenda che ha coinvolto un tifoso. Il clima a Roma è bollente, a mente fredda un fatto di cronaca che ha i contorni della beffa del destino si ritrova ad investire un'altra situazione a cui è debolmente legata per questioni di fede calcistica. A Roma l'effetto domino è devastante: la furia manifestata nei confronti dei Rom, la rabbia per un delitto commesso da un poliziotto ai danni di un tifoso inerme e il diffuso malcontento per la Federcalcio ed il Governo portano ad un piano di guerriglia urbana degno di una squadra di vietcong. L'appuntamento tra ultras armati ed infuriati era dato nei pressi dello stadio Olimpico dove erano concentrate tutte le forze di polizia in assetto antisomossa. Si presentano poche decine di tifosi, facendo pensare ad un ritorno alla normalità. Scatta la trappola congeniata dagli ultras che assaltano la sede del CONI e devastano ben due caserme dei carabinieri, rimaste sguarnite e rivoltate come un calzino. Vengono i brividi pensando che tutto questo è stato messo in atto solo per fatti che riguardano da lontano il mondo del calcio. In altre parti del mondo certe cose accadono solo per i colpi di Stato o le rivoluzioni per liberarsi delle dittature. Da noi ci basta una domenica di sano sport per distruggere una città e le nostre speranze di normalità e tranquillità.
Francesco Quartararo
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