Le banlieus italiane parlano cinese
L'odierna rivolta nella Chinatown milanese non cade inaspettata. Se già l'anno scorso si parlava di un concreto rischio nelle periferie italiane di una rivolta popolare, le realtà di Padova, Napoli ed il caso eclatante di oggi sono la prova che l'Italia è una terra di frontiera chiamata ad adattarsi al più presto alla situazione odierna. I nostri schemi di vita sociale devono al più presto tenere conto di culture e modi di vivere le città in maniera differente. Nei vicoli palermitani le macellerie arabe sono una realtà affermata, con i loro metodi di macellazione differenti da quelli "cristiani". A Roma la comunità ebraica da decenni si integra con la comunità tramite ritmi di vita diversi. Cosa impedisce all'italiano di oggi di conoscere e vivere fianco a fianco con un cittadino della Cina post-maoista? Marco Polo era un mercante italiano, uno dei primi a raccontare al mondo occidentale la cultura di un popolo allora così lontano. In un certo senso dovremmo partire avvantaggiati rispetto ad altri paesi. Oppure l'odio è generato da una profonda invidia per la competitività dei commercianti cinesi? In questo caso mascherarsi dietro a un velo di sottile ipocrisia vale a poco. Contano i passi avanti, conta l'inventiva e la vitalità portate avanti da idee nuove. Gli equilibri rimangono tali se si è in grado di cambiare nel corso del tempo alcune cose. Cosa siamo disposti a cambiare e cosa manteniamo dipende solo da noi.
F.Q.
1 commento:
"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi"..la citazione letteraria dal Gattopardo sebbene nascosta si intuisce..
Non sappiamo se per pressioni, se per pura aggressività o per xenofobia, si è arrivati a questo punto.
Una contravvenzione non può essere occasione o pretesto di Guerriglia urbana.
Resta da capire quale siano le motivazioni di questo episodio, ma innanzitutto và deplorato l'episodio di violenza, indipendentemente dalle sue motivazioni.
La violenza fa schifo, in tutte le sue forme.
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