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martedì 9 gennaio 2007

Il potere mafioso e i media

L’antimafia secondo Gaetano Paci raccontata ai comunicatori di domani

‹‹Oggi la stampa ha un rapporto ancillare con la magistratura››

Il potere mafioso cambia nel corso degli anni e si reinventa, a volte guardando al suo stesso passato. Chiusa la stagione stragista la mafia torna nell’ombra, a non far parlare di sé, si infiltra negli apparati dello Stato e non lo sfida, cambia i metodi di estorsione, cerca l’anonimato. Il magistrato Paci dipinge questo rapido quadro a chi gli chiede come i media trattano la mafia di oggi, silenziosa ed affarista. A malincuore afferma che i tempi in cui Borsellino pigliava spunto dalla lettura dei giornali per le indagini sono tramontati, De Mauro e Francese si sono portati via quella determinazione nel fare giornalismo d’inchiesta: ‹‹è un brutto modo di dire, ma la stampa ha ormai un rapporto ancillare nei confronti della magistratura. Non è nemmeno pensabile utilizzare i media per facilitare le indagini, non sarebbe vantaggioso né per le indagini né per chi svolge seriamente questo mestiere››. Le indagini della magistratura hanno avuto da un lato dei potenziamenti, dall’altro dei rallentamenti. Esiste un apparato molto efficace nella lotta alla cosiddetta “mafia militare” – i killer, gli estorsori – ma vi è una resistenza maggiore quando si tenta di salire nella piramide organizzativa: quando si cerca di appurare in che rapporto stanno personaggi di spicco della politica e del mondo economico si innescano meccanismi che inceppano o bloccano del tutto le indagini. In tutto questo gioca un ruolo anche la società civile che preferisce non pensare o non sapere fino a che punto il tessuto statale è marcio. Questo spaccato si fa ancora più disarmante se si guarda il problema dal punto dei vista dei media: ‹‹negli anni ’80 si riuscì a processare personaggi come Lima, Ciancimino. Oggi è più difficile soltanto parlare di inchieste giornalistiche, è un mestiere dove si ricevono pressioni e condizionamenti che tendono a scoraggiare in partenza qualsiasi tipo di reportage››. Eppure alcuni avvenimenti rilevanti non avvenivano poi tanto distanti dai luoghi più frequentati della città: ‹‹La casa di Guttadauro è nella centralissima via Libertà dove fino al 2001 entravano tranquillamente i capi mandamento di Brancaccio››. Tracciando un rapido percorso della mafia ci si accorge come si sia sempre trattato di un’organizzazione a fini di lucro: a tratti legittimata dallo Stato e dalla società civile, altre volte testa di ponte per lotte politiche (non dimentichiamo il ruolo della mafia nello sbarco alleato in Sicilia e la lotta per l’indipendentismo). La vera grande novità si è avuta dopo gli anni di piombo e con la morte di Giovanni Falcone. In quel momento si aveva la sensazione che la mafia si potesse distruggere, se ne avvertiva la forza devastante e si sentiva la presenza di un gruppo di palermitani che voleva metterla a tacere. Quando la mafia ha eliminato Falcone, sua moglie e la sua scorta la Sicilia intera si è indignata, è scesa nelle piazze e ha chiesto l’intervento dello Stato, che è tornato anche con l’operazione Vespri Siciliani. ‹‹Il futuro deve farci sperare in positivo. Sicuramente la magistratura è forte se è sostenuta››. Se si parte da questa consapevolezza anche il mondo dell’informazione può tornare ad avere un ruolo in questa lotta centenaria.

Francesco Quartararo

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