Il lavoro che uccide
Dopo i funerali di ieri a Torino un'altra fabbrica della ThyssenKrupp ha preso fuoco nei pressi di Terni, questa volta senza gravi conseguenze. Non sono passate nemmeno 24 ore dalla profonda commozione dei funerali di quei quattro operai carbonizzati in una giornata di lavoro come altre, tra forni ad altissima temperatura, turni massacranti sostenuti solo dalla volontà di garantire le condizioni di vita sufficienti per la propria famiglia. Tutti i loro colleghi sapevano che sarebbero potuti morire allo stesso modo. Ma non solo loro. In Italia il lavoro, quello che si trova facilmente, è a nero, senza coperture sanitarie, con un guadagno mensile preso a proprio rischio e pericolo. Basta pensare a tutti quei ragazzi, ex-immigrati ed irregolari che giornalmente lavorano nei cantieri edili, sotto le dipendenze di aziende prive di scrupoli. I metalmeccanici, i forestali, le forze dell'ordine e gli autotrasportatori rischiano in prima persona la loro vita per offrirci servizi, protezione e beni materiali. Gli impiegati interinali e con contratti irregolari più che la vita rischiano la salute, anche se a lungo andare è un pò come morire lentamente giorno per giorno. Una situazione paradossale che porta lavoratori con 25 anni di servizio a doversi trovare un lavoro in un mercato chiuso e pronto ad implodere su se stesso tra qualche anno. Il numero dei futuri pensionati non sarà sostenibile dalle nuove leve che dovranno occupare meno posti di lavoro rispetto al passato. Rischiamo seriamente di dover sostenere almeno una decina di milioni di pensionati con una forza-lavoro vicina alle otto milioni di unità. Una priorità sociale e politica da risolvere prima di qualsiasi legge elettorale, finanziaria, condono o invenzioni di partiti e coalizioni.
F.Q.
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