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martedì 11 dicembre 2007

Il dopo Putin affidato al capo della Gazprom

Dmitri Medvedev, presidente della Gazprom, il colosso dell'energia russa che rifornisce l'Europa, è il successore designato da Putin alle presidenziali per il Cremlino. Attuale vicepremier, amico di Putin da più di 17 anni, rappresenta l'anello di congiunzione tra la categoria dei ricchi miliardari e la strettissima cerchia di politici degni della fiducia di ben quattro partiti: Russia Unita - il partito di Putin -, Russia Giusta, il Partito Agrario e Forza Civile. Solo due di questi partiti sono attualmente in Parlamento e l'unico vero avversario alle presidenziali è Kasparov, nella speranza che riesca a fare una campagna elettorale stando lontano dalle carceri russe. Una successione a tutti gli effetti, calcolando il peso elettorale delle quattro compagini più che un'elezione si assisterà ad una ratifica di una decisione già concordata a monte. Ciò che stupisce è che la carenza democratica pare non dipendere dagli strumenti costituzionali, quanto dalla società russa incapace di sfruttare appieno una libertà mai avuta prima. Lo scenario che si prospetta da qui al 2012 (o il 2016, in caso di rielezione) è quello di un paese in grado di tutelare i propri privilegi economici derivanti dalla distribuzione del petrolio e del gas, una politica internazionale aggressiva che mira a stringere in un rapporto di dipendenza stretta tra l'Europa e la Russia. La possibilità di ricevere gas e petrolio dal Mar Nero tramite l'Iran e gli ex paesi sovietici sta per essere smantellata dalla tattica estera russa. I rifornimenti energetici per l'Europa proveniente dal Baltico e - eventualmente - dal polo nord saranno gestiti e cooptati da una Russia guidata da un petroliere. Un motivo in più per rilanciare una politica energetica che non ci costringa a dipendere mani e piedi dalla Repubblica russa targata Gazprom. Un problema in grado di determinare direttamente i costi della produzione industriale in Europa, uno strumento economico forte per piegare l'Unione Europea verso posizioni non facilmente conciliabili, in vista di un ulteriore allargamento ad est dell'area euro. Un altro fronte caldo riguarda l'area dei Balcani, in cui la Serbia è fortemente spinta dall'Italia all'ingresso nell'Unione Europea ed il Kosovo rischia di far deflagare una nuova guerra etnica. La richiesta di indipendenza del Kosovo dalla Serbia può riaccendere vecchi odi etnici che la Russia può trarre a suo vantaggio, facendo dell'area balcanica un nuovo e potenzialmente ricco mercato, scippandolo all'area dei paesi dell'Unione Europea. Un futuro ancora da definire, quello nel segno di Medvedev.
F.Q.

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