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giovedì 8 marzo 2007

L’America: così vicina, così lontana


Palermo, 8 marzo – Basta poco per rendersi conto che paesi e modi di pensare, a volte, sono meno distanti di quanto le ideologie ti fanno credere. L’occasione capita in una piccola aula all’università di Palermo, studenti curiosi e un po’ chiassosi ascoltano la sig.ra Myra Brown, proveniente dall’ambasciata USA in stanza a Roma, mentre descrive le scuole specialistiche di giornalismo nel suo paese e parla di alcuni volti noti del giornalismo internazionale. Del Bel Paese riconosciamo Lilli Gruber, Lamberto Sposini e Bruno Vespa, gli altri volti sono guardati con un misto di invidia e di profonda ammirazione. Stupisce il sentire che anche i corsi specialistici americani, come quelli italiani, sono criticati per i loro costi esorbitanti, l’eccesso di materie teoriche non sempre indispensabili per il mestiere e la poca, pochissima esperienza pratica che offrono. Negli Stati Uniti la fascia giovanile della popolazione segue un programma che offre intrattenimento, satira ed informazione molto aspra nei confronti dei politici e di questione sociale. Si sono addirittura aperti laboratori di studio sul “Daily Show”, in grado di orientare le scelte politiche delle nuove generazioni di elettori. In Italia non abbiamo ancora laboratori di studio simili, ma nelle nostre case la trasmissione “Le Iene” propone un mix molto simile, arrivando a creare veri e propri scoop, con professionale irriverenza – dal caso dei portaborse che lavorano in nero, ai DICO di cui i parlamentari già godono, passando allo scandalo droga in Parlamento – e battute al vetriolo. Inevitabili le domande scottanti: dopo aver rotto il ghiaccio gli studenti chiedono fino a che punto il giornalismo americano è libero, come è possibile uscire dal pantano irakeno, se conta di più la moralità e la vita privata di un politico o la sua condotta pubblica. A ben vedere, con le dovute cautele, le risposte date sono simili a quelle che ognuno di noi potrebbe dare riguardo alla società italiana. I politici cercano giornalisti di fiducia, calcolano ogni minima esternazione pubblica, sono circondati da staff impressionanti di comunicatori e curatori dell’immagine. Il giornalismo dei reportage, delle questioni scottanti e di chi va sul posto come Daniele Mastrogiacomo a proprio rischio e pericolo però resiste. La sig.ra Myra Brown riesce anche a strapparci un sorriso, grazie all’intervento della traduttrice della RAI afferma che ‹‹se sentiamo parlare la CNN di questione afgana e dei problemi di Britney Spears allo stesso modo, anch’io già alla vostra età mi chiederei che razza di paese è mai questo››. Come se non fosse vero che da noi in Italia è possibile vedere nel giro di cinque minuti un servizio di politica affiancato dalla storia di un bambino che riesce ad ottenere la sua bicicletta dopo aver mandato una lettera al Corriere della Sera. Il bambino è sicuramente molto fortunato, lo spettatore invece rimane perplesso. Il clima in aula si accende quando si parla di Iraq, l’occasione di chiedere in prima persona ad un dipendente dell’ambasciata USA cosa ne pensi è ghiotta. Il parere della signora Brown mette d’accordo un po’ tutti i presenti: ‹‹ l’America è un grande paese, molti la pensano come voi e le ultime elezioni hanno dimostrato come il paese sia spaccato a metà. Io sono americana, ho una mia opinione su come gli Stati Uniti siano andati in Iraq ma di certo uscirne non è facile. Ci sono molti modi possibili, ma nessuno è più sicuro dell’altro. ››. Si affronta la questione blogger, di come negli Stati Uniti la comunità di blogger ha ormai raggiunto una professionalità tale da affiancare ed in certi casi sostituirsi ai comunicatori tradizionali. L’ultimo scandalo americano infatti è stato portato alla luce grazie al tam-tam sui blog, mentre alcuni di essi sono giornalmente visitati dai politici per “tastare il polso” alla società americana. In Europa la comunità blogger più attiva e preparata è quella dei paesi scandinavi, seguita a sorpresa proprio dall’Italia. In chiusura, prima dei saluti una domanda sul rapporto tra società americana e alleati europei. La sign.ra Brown risponde con molta precisione, fiduciosa che i rapporti apparentemente tesi tra le due sponde dell’Atlantico si rasserenino in nome di una comune strategia diplomatica: ‹‹ si tratta di un periodo storico molto importante, siamo in una fase di passaggio di cui abbiamo bisogno ››. In bocca al lupo e buon lavoro.
F.Q.

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