Arrestato l'attuale numero due di Cosa Nostra Domenico Raccuglia
La morsa su Domenico Raccuglia si era cominciata a stringere proprio l'anno scorso di questi tempi, in seguito all'arresto di Francesca Adamo, 44enne avvocato attiva, per usare un termine tipico dei brigatisti o dei terroristi islamici, al tribunale di Palermo per conto dei capimafia trapanesi. In seguito all'arresto, avvenuto il 27 ottobre del 2008, fini in carcere il boss Melodia e la sua banda di allegri sabotatori che avevano letteralmente manipolato gli affari edilizi ad Alcamo tra il 2006 ed il 2008, con la complicità del consigliere provinciale dell'UDC Pietro Pellerito. Ma chi è esattamente Domenico Raccuglia? All'indomani dell'arresto di Provenzano e la smobilitazione del clan Lo Piccolo, una piccola pattuglia di americani erano rientrati nell'orbita della cupola di Cosa Nostra. Per intenderci, per americani si intendono tutte quelle famiglie mafiose che emigrarono in America dopo la scalata al potere di Riina e soci ai vertici della mafia siciliana. Con l'approvazione di Provenzano e l'accorato appello del boss Lo Piccolo (qua ci tolgono pure i chiodi dal muro, non è rimasto più nessuno scriveva il boss nei suoi pizzini...) rientrarono pacificamente alcune famiglie molto note a Palermo e dintorni. Un episodio è cruciale per capire le vicissitudini della mafia in Sicilia. L'omicidio del boss di Borgetto, Antonino Giambrone, avvenuto nel 2007. Giambrone faceva il gommista nel paese, si sentiva le spalle coperte dai Lo Piccolo e dagli amici americani che conosceva, ma fu fatto fuori per ordine del capomafia di Altofonte, Raccuglia, che voleva dire la sua nella spartizione di Palermo. L'arresto di Lo Piccolo quattro giorni dopo mise la parola fine ad una piccola guerra di mafia mai scoppiata, che permise a Raccuglia di allungare le mani non solo su Palermo, ma anche sul feudo storico di Corleone. Tramite la collaborazione dei Fardazza ed il mini-racket delle vacche locali, si è registrato uno spostamento contiguo di interessi di altro tipo da Partinico verso Corleone, sotto gli occhi di Salvatore Riina jr, il figlio del superboss che non ha avuto il tempo di prendere lo scettro del padre. A questo punto gli inquirenti cercano di ricomporre il puzzle, ed un aiuto insperato arriva da oltreoceano, dalla DEA. Come pubblica anche Le Monde, Matteo Messina Denaro, Domenico Raccuglia e Giovanni Nicchi, con l'intercessione di Giovanni Brusca, l'uomo che azionò il detonatore nella strage di Capaci, sfilano di fronte a Frank Calì, boss della mafia americana per ritornare in Sicilia ed avviare una nuova trance di affari. Principalmente sui parchi eolici e le energie rinnovabili, che nel trapanese attraggono grossi investimenti, e sul traffico di droga colombiana che viene gestito in cooperazione con la mafia russa. Il trapanese garantisce una latitanza tranquilla, grazie ad ambienti politici altamente corrotti e dalla diffusione di frange indipendenti della massoneria. Raccuglia si ritrova nel 2008 ad essere il principale socio ed antagonista di Messina Denaro, il nuovo presunto reggente della cupola. Ma Raccuglia ha un grosso vantaggio: a Palermo manca un uomo di peso in grado di gestire la situazione, ed il posto lasciato vuoto da Provenzano spetta ormai di diritto a lui. Negli ambienti della Direzione Investigativa Antimafia si vocifera che il vero capo dei capi sia ormai Raccuglia, dato che Messina Denaro potrebbe non cercare di allargare la sua zona di influenza per essere certo di avere le giuste coperture. La caccia all'uomo insomma si biforca in queste due direzioni: da un lato si cerca di capire chi tiene il posto lasciato vacante da Provenzano e dai Lo Piccolo, dall'altro si cerca di incastrare Messina Denaro ricostruendo il suo patrimonio. Nel frattempo a ridosso di pasqua 2009 arriva una notizia bomba che viene affossata: Domenico Raccuglia è nel monastero bizantino di Piana degli Albanesi. Parte la caccia all'uomo con due elicotteri ed una serie di auto dei carabinieri che circondano la zona mentre altri in borghese perlustrano i lunghi cunicoli del monastero. Tra pochi frati e molte gallerie i carabinieri non riescono a trovare Raccuglia, inghiottito dal nulla. Rabbia e sconforto portano gli inquirenti a trincerarsi dietro un muro di no comment. Il rischio è quello di aver buttato all'aria anni di appostamenti ed aver compromesso l'unità investigativa. Ecco perché quando lo hanno preso alle 17,30 nel paese di Calatafimi in via Cabbasino la Catturandi ha festeggiato così tanto. Con lui se ne va un altro pezzo da novanta della mafia siciliana, e con lui molti altri cadranno a breve, grazie ai numerosi pizzini recuperati nel suo covo. Una pista che potrebbe portare anche al famigerato Matteo Messina Denaro.
Francesco Quartararo
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