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martedì 14 luglio 2009

Il patto tra mafia e stato

Ve lo porto io. Con queste parole Ciancimino jr, ultimo dei cinque figli dell'ex sindaco di Palermo che favorì la discesa dei corleonesi in città, si preparerebbe a consegnare alle procure di Palermo e Caltanissetta la prova autentica del famoso papello, un foglio di carta in cui Totò Riina dettò le condizioni della resa allo Stato in cambio di garanzie per tutti. Niente più attentati e uccisioni di uomini dello Stato in cambio di un più blando controllo sul territorio, niente nomi eccellenti in cambio di una dignitosa custodia in cella, senza colpire i patrimoni delle famiglie. Massimo Ciancimino si era sempre rifiutato di dire agli inquirenti dove avesse nascosto quel prezioso documento, probabilmente vidimato da qualche esponente politico di spicco mai ritiratosi del tutto dalle scene. Molti indizzi portavano ad una cassetta di sicurezza in Francia, a Parigi per la precisione, dove Ciancimino jr si è subito diretto con la moglie dopo aver potuto abbandonare il suo domicilio forzato a Bologna. Si sentiva pedinato, ed infatti alla frontiera con l'Italia ha trovato alcuni magistrati di Caltanissetta ad attenderlo. Ma del magico foglietto non vi è traccia. Almeno fino ad ora, a pochi giorni dell'anniversario della morte di Borsellino potrebbe infatti uscire la prova definitiva del patto che fu stipulato tra Cosa Nostra ed i servizi segreti italiani. Uno degli ostacoli più ingombranti a quel patto avvenuto dopo il maggio del 1992 sarebbe stato proprio Paolo Borsellino, che oltre a scoprire i contatti tra Sismi e Mafia non avrebbe mai permesso di lasciare impuniti i mandanti, reali ed occulti, della strage di Capaci. La volontà di mantenere il controllo politico sulla Sicilia, l'interesse a tenere sotto controllo senza mai debellare realmente la mafia e la prova di un patto tra mafia e Stato chiuderebbe un capitolo sulla storia della prima Repubblica gettando un'ombra sulla situazione attuale. Una situazione in cui, tolta la manovalanza e colpiti i patrimoni, rimane ancora da estirpare quella rete di protezione e di finta omertà che permette ancora oggi alla mafia di essere la prima azienda italiana per fatturato complessivo

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