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venerdì 22 maggio 2009

I ricordi sul giudice Falcone 17 anni dopo

Rosario Gambino doveva rientrare oggi in Italia grazie ad un provvedimento firmato Giovanni Falcone. A 17 anni dalla sua drammatica sparizione cosa rimane dell'uomo, del giudice e del palermitano che lotta contro la mafia? Rimangono sicuramente le idee che hanno ispirato a denunciare il pizzo, un'attività sicuramente molto più redditizia che in passato. Oggi come allora ci sarà il Presidente della Repubblica in città. Ma quante cose sono cambiate. Per cominciare l'aria che si respira. Non quella di una primavera che a Palermo sa già d'estate e creme solari, ma quella che 17 anni fa si respirava in città appena saputo dell'attentato lungo l'autostrada all'altezza di Capaci. Un'aria ferma, come se fosse in corso un'eclissi solare, durante la quale un leggero vento spazza via le strade vuote e silenziose. Il primo squarcio, eco lontano di un'esplosione ben più fragorosa, lo sento provenire dalle volanti della squadra mobile e di tutto il corpo della polizia, sceso all'unisono per strada in un unico ruggito di rabbia, disperazione, sconforto. Da uno schermo gracchiante, in uno studio grigio, un giornalista dalla faccia scura scandiva quelle parole tremende. Il giudice Falcone, Francesca Morvillo e la sua scorta sono stati fatti saltare in aria da una bomba all'altezza di Capaci. Una bomba, sembrava la guerra, un'imboscata vile sottrasse dei giusti ad una battaglia non ancora finita. Allora il presidente Scalfaro, fresco di elezione, fu preso a sassate da una folla inferocita. Ci speravano in tanti, magari non ci hanno creduto in fondo, ma due palermitani, Falcone e Borsellino, che lottavano per sconfiggere la mafia nella loro terra, per la loro terra, avevano incendiato i cuori di tutti. Da allora nulla è stato più come prima, sia i processi, le pene, che gli intrighi di potere. Nessuno potrà mai rimpiazzarli, capire fino in fondo cosa vuol dire respirare quell'aria di mafiosità che parte dalle strade della città, dei vicoli della Kalsa, di Ballarò e della Vucciria, si trascina nelle scuole, negli uffici, nei palazzi del potere, in famiglia, nelle riunioni di condominio, allo stadio. Mafia non è un marchio, un'associazione a delinquere o una s.p.a., è un modo d'essere. Il sorpruso che diventa minaccia, paura, silenzio, dimostrazione di forza. Quello che è mio è mio, quello che è tuo te lo concedo perché decido io o perché te lo strapperò con la forza. Il resto è buono solo per i paparazzi e per Hollywood. Niente magliette di Giovanni Falcone qui nel 2009, nelle bancarelle per turisti trionfa the Godfather, con Marlon Brando nella sua posa classica. Oggi come allora le idee di FAlcone camminano sulle nostre gambe, le gambe di chi bambino vedeva quel mondo come assurdo, e che crescendo lo trova grottesco. Ni facimmu un martiri, ne abbiamo fatto un martire, dissero i suoi carnefici. Triste la terra che ha bisogno di martiri per poter crescere. Oggi la mafia si da per morente, le sue strutture sono deboli, manca un leader. MaGiovanni Falcone qualcosa sopravvive, si provano a regolare i conti del passato, le revolverate ogni tanto fanno scruscio, rumore, ma le manovre sotterranee per piazzare i politici giusti in Europa, nei capoluoghi di provincia, alla Regione, vanno avanti senza colpo ferire. Nel silenzio di chi non crede alla fine di una vessazione feudale, nel disicanto dei vecchi che ripetono che la mafia non sparirà mai, nella rabbia dei giovani e nel rinnovo del mito del mafioso figo, alla moda, che fa picciuli a palate e si fa rispettare, crescono le nuove generazioni, reclutate dall'ignoranza di chi guarda alla mafia solo come folklore. Questo è il nostro Afghanistan, il nostro Vietnam e il nostro Iraq se preferite, una nuova guerra di mafia è stata scongiurata a dicembre dall'operazione Perseo, quando la città era avvolta in un lungo respiro, come la quiete prima della tempesta. Il piombo purtroppo non manca, anzi da circa una settimana vengono alla luce i vecchi arsenali nascosti.
Manca la fiducia nella gente comune, l'intransingenza vera della politica (non quella che unge le casse regionali con manifestazioni antimafia piene di tante belle parole e poi fa finta di scordarsi "degli amici" che portano voti). Qua la guerra continua, aspettiamo il via ai fuochi d'artificio, quando assieme ai capi salteranno poltrone eccellenti, da Palermo sino a Roma e ancora più su, passando da Milano fino a Bruxelles, Dusserdorlf, New York ed una delle tante ambasciate siciliane all'estero. Affinché quando un siciliano è all'estero gli si possa dire ah, Falcone, antimafia, cassata, cannoli, cancellando dalla storia tutto il resto.

Francesco Quartararo

martedì 5 maggio 2009

Il Financial Times si occupa degli impianti eolici siciliani



I magistrati antimafia siciliani hanno aperto un'inchiesta approfondita sul settore legato all'energia eolica dove politici locali, imprenditori e gang criminali sono sospettati di collusione nell'accaparramento di denaro proveniente dagli impianti eolici prima della loro eventuale vendita alle multinazionali. I sussidi italiani ed europei per la costruzione degli impianti eolici ed i più alti tassi di garanzia per l'elettricità prodotta, corrispondenti a 180 euro per kw/h, hanno attirato nel sud Italia l'interesse del crimine organizzato. Roberto Scarpinato, un procuratore veterano nell'attività antimafia a Palermo, ha riferito al Financial Times come le sue investigazioni partite la settimana scorsa, si stiano focalizzando sulle tre grandi province di Palermo, Trapani ed Agrigento. Una prima indagine per un caso vicino Trapani, nella Sicilia occidentale, si era risolto con otto arresti in febbraio, con l'accusa di sospette vicinanze tra la famiglia mafiosa locale (e i politici locali, ndr) che avrebbero offerto soldi e voti in cambio dei permessi di costruzione degli impianti eolici. "Operazione Eolo" ha rivelato come la Mafia promise ai politici locali di Mazara del Vallo soldi e voti in cambio dell'aiuto per l'approvazione degli impianti eolici. Tra i sospettati, Matteo Messina "Diabolik" (denominato così per il suo desiderio di montare delle mitragliatrici sulla sua auto) Denaro, uno dei latitanti più ricercati in Italia. I procuratori sospettano che la mano della mafia abbia permesso di fissare e costruire gli impianti eolici che sarebbero poi stati venduti a compagnie italiane o eventualmente anche estere. Gli inquirenti locali hanno affermato al Financial Times come in un episodio atto a rimarcare il controllo sul settore, la mafia sia sospettata di aver distrutto due torri eoliche che erano conservate nel porto di Trapani dopo la loro consegna da parte di una nave proveniente dal nord Europa. "Si tratta di un sistema raffinato di collegamenti tra imprenditori e politici. Un gruppo potente di persone controlla il settore eolico. Esistono molte compagnie, ma ci sono le stesse persone dietro", afferma Scarpinato, le cui indagini hanno evidenziato l'evoluzione della mafia in una moderna organizzazione imprenditrice. Cosa Nostra si sta evolvendo, trovando nuove opportunità di arricchimento, incluso il settore delle energie rinnovabili, sfruttando la sua storica presa sul territorio, sulla capacità di costruzione e abilità nella corruzione dei politici locali. Molti impianti eolici costruiti da compagnie sospettate di essere collegate alla mafia non hanno funzionato per uno o due anni, in alcuni casi per l'utilizzo di materiali scadenti. "Cio che è incredibilie è che gli sviluppatori prendono denaro pubblico per costruire impianti eolici che non producoino elettricità" spiega il procuratore. Il governo regionale siciliano, cosi come quello calabrese e della Basilicata sul continente, hanno sospeso le autorizzazioni sui nuovi impianti eolici in parte proprio per sospette infiltrazioni criminali e poca trasparenza sui reali possessori delle compagnie appaltatrici. Molti, se non tutti gli impianti eolici in Sicilia, cominicano come progetti di imprenditori locali che speculano in un mercato secondario, relativo ai permessi di costruzione. Una volta costruiti, la maggior parte degli impianti vengono venduti tramite intermediari italiani ad alcune multinazionali. L'inglese International Power è il più grande operatore nel settore dell'energia eolica in Italia. Tra le altre compagnie troviamo l'taliana Enel e la tedesca Eon attraverso la sua partecipazione tramite la spagnola Endesa. Anche la francese EDF ha degli assett in Italia. Mentre le compagnie internazionali conoscono le identità dei loro sviluppatori siciliani, non ci sono prove che esse siano coinvolti in associazioni mafiose. Ad ogni modo l'Italia si presenta male all'appuntamento che l'Unione Europea ha fissato per il 2020 riguardo le emissioni di CO2, nonostante il settore delle energie rinnovabili stia crescendo molto rapidamente attraendo numerosi investimenti stranieri. International Power divenne il più grande operatore del settore nel 2007, con la sua partecipazione al portafoglio di Maestrale, proprietaria di molti impianti eolici italiani, inclusi cinque in Sicilia, per un valore complessivo di 1,8 miliardi di euro.

Traduzione di Francesco Quartararo

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