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martedì 27 novembre 2007

La perla d'oriente che rischia di cadere nel fango

Una popolazione di circa 20 milioni di abitanti, una foresta di grattacieli in grado di far cambiare la mappa satellitare della città ogni sei mesi. Un treno a lievitazione magnetica in grado di viaggiare a 400 Km/h, una linea metropolitanea al di sotto del livello del fiume, cinque nuove reti con una portata di 1200 km cubi di gas naturale, una legge che regola le immatricolazioni per i veicoli stradali basandoli su un'asta virtuosa. Un sistema di comunicazioni fluviale in grado di far risalire navi porta container e petroliere che taglia in due una città che rischia di sprofondare su se stessa: Shanghai rischia di sprofondare nel suo terreno sottratto alle paludi. Un ritmo di circa 0,7 mm l'anno che in alcune zone raggiunge la cifra record di 2,56 metri, con vecchie palazzine affondate ed incastrate nel terreno. Un altro rischio deriva dall'avvicinamento del mare alle coste. Ecco perché nel giro di un decennio l'acqua del mare potrebbe ricoprire una città affondata dall'immenso peso del cemento armato che la costituisce. Per bloccare tutto questo un imponente rete di sensori e nervature artificiali è pronta per ricoprire la città e tenerla sotto controllo, mentre sulla costa un imponente sistema di dighe è pronto per evitare al mare di avanzare. Resta aperta la sfida per salvare Shanghai e tenerla letteralmente in piedi. Una sfida affidata alla migliore task force di geologi chiamati di gran corsa da Pechino, interessata più che mai a salvaguardare il forziere della Cina.

F.Q.

Guerriglia di marketing

Qualche tempo fà nella mia casella mail è arrivata un'allarme riguardante alcuni noti prodotti alimentari. Inutile e controproducente farne un elenco, basti sapere che i biscotti, i dolci e i latticini presenti sono presenti da anni nelle nostre tavole. Un allarme riguardante l'uso di coloranti e sostanze tossiche a lungo termine nella produzione di generi alimentari, in grado di far andare di traverso qualsiasi pasto. Ho impiegato qualche settimana nel dedicare un post alla vicenda, quando ieri sera è arrivata una spiegazione insperata: l'e-mail arrivata ed inoltrata a ciclo continuo ai contatti in rubrica fa parte di un'azione, mirata e studiata da alcuni professionisti della comunicazione pubblicitaria, di guerriglia di marketing. Ovvero se non puoi battere la concorrenza, dimostra che la concorrenza danneggia il consumatore ed avrai un vantaggio. Oltre a vere e prprpie agenzie di anti-pubblicità, ci sono interi siti internet dedicati alla guerriglia di marketing per motivi ideologici, contest per pubblicitari che remano contro o intendono svelare le tattiche più aggressive e subliminali. Purtroppo neanche la firma di Beppe Grillo basta per avere la certezza che le grandi multinazionali, legate alla produzione alimentare, possano avvelenarci. L'attenzione deve però sempre rimanere alta, perché mentre ognuno di noi pensa innanzitutto alla propria sopravvivenza, fisica, materiale e intellettuale, le grandi aziende, corporation, aziende assicurative e bancarie pensano solo al profitto, all'utile aziendale e allo stritolamento della concorrenza. Questi colossi del campo finanziario-assicurativo, così come le grandi multinazionali attive nei vari settori di produzione, prendono a prestito valori affettivi, legati al bisogno di sicurezza e stabilità, in cui in realtà non credono. Come convincere un risparmiatore a stipulare un'assicurazione sulla vita sapendo i veri costi dell'operazione? Basta non dirgli come vengono fatti girare su tutti i mercati internazionali i liquidi versati mensilmente. Il settore pubblicitario abbonda di sorrisi, immagini rassicuranti di personaggi, più o meno, noti e affidabili. Chissà quando scatterà l'operazione simpatia del Vampiro della Cassa di Credito o della Banca del Soldo Rubato. Non sarà una pubblicità rassicurante, ma almeno il pubblico apprezzerà l'operazione verità.
F.Q.

lunedì 19 novembre 2007

L'ultimo colpo di coda del Cavaliere

Quando i palazzi della politica tremavano per l'ondata di malcontento scatenata da Beppe Grillo, tutti si chiedevano: dove è finito? L'antipolitico per eccellenza, l'uomo che ha scatenato il processo degenerativo della politica italiana era avvolto in un assordante silenzio mediatico. Stava forse architettando qualcosa? Una soluzione estrema per legittimare il potere datogli dai sondaggi che lo ergono a presidente del consiglio in pectore? A ottobre la scoperta da parte dei suoi più acerrimi nemici: il passaggio di alcuni senatori eletti nell'Ulivo nella sezione esteri a Forza Italia. Al ritorno da una visita di cortesia a Putin la soffiata assume la consistenza di notizia, qualche senatore parla e dice di aver rifiutato la proposta. Sfogliando libri di giurisprudenza e di storia quell'operazione messa in atto da Berlusconi prende nomi molto sgradevoli: corruzione, voto di scambio, compravendita di voti. Berlusconi torna prepotentemente in campo annunciando - ma soprattutto facendo annunciare - giornalmente la spallata al governo Prodi. L'occasione si presenta al Senato ma la spallata non riesce, anzi la beffa è ancora più cocente perché ottenuta senza ricorrere al sotterfugio del voto di fiducia al governo. Dal suo schieramento i mugugni e le lamentele si alzano e si manifestano nel suo alleato più forte, AN. Si riconosce a Berlusconi un modo di fare troppo arrogante e ripetitivo, fatto più di spinte emotive che di serietà politica. Basti pensare come Cicchitto, rappresentante di Forza Italia al congresso di AN sia stato subbissato di fischi. Quest'ultimo atto del Cavaliere, da molti definito "a sorpresa", porta con sé molti più pericoli di quanti lo stesso Veltroni non dica: mentre la costruzione del Partito Democratico ha previsto mesi di discussioni nei vertici politici e nella base elettorale, portando a durissimi scontri, scelte sofferte, ma soprattutto piena consapevolezza e responsabilità delle proprie azioni, Berlusconi nel giro di una settimana sceglie di cambiare nome a Forza Italia trascinando i suoi elettori in una confusionaria sbornia di piazza che li autoconvince della dovuta eleggibilità a presidente del consiglio del loro campione. Nessuno dei suoi elettori e nemmeno Silvio si è accorto di aver perso una competizione democratica, ma quel che è peggio è che nessuno a Forza Italia sa perdere una competizione democratica. Una testimonianza della confusa azione di Berlusconi è il nuovo nome di Forza Italia, che dovrebbe diventare Partito delle Libertà o Popolo delle Libertà. Uno schieramento che nominalmente richiama il PPI inventato da Sturzo, ma che ricorda molto da vicino i partiti populisti del Sud america. Un'accozzaglia che di politico ha ben poco e strizza l'occhio all'idea del Grande Centro cercata dalla costellazione di partitini di centro, i liberisti, i vetero-fascisti abbagliati dall'idea di un condottiero di libertà in nome del popolo italiano, parte del pubblico abituale di Mediaset e quei socialisti di destra che esistono solo in Italia. Alcune dichiarazioni sembrano uscite da alcuni libri di barzellette degli anni '50: il mio partito lavorerà contro i parrucconi della politica. Una dichiarazione che a ben guardare, è in linea con la sua idea di partenza: Berlusconi non è un politico, non lo è mai stato, si è sempre presentato come un ricco dirigente che scende in campo per difendere gli interessi - suoi e - del suo paese. I suoi elettori lo ammirano e lo eleggono due volte Presidente del Consiglio perché in lui non vedono un politico, ma un dirigente interessato ai suoi dipendenti. L'idea di azienda si sparge a macchia d'olio nella pubblica istruzione - dove il preside è tutt'ora il dirigente scolastico - fino alla cosidetta "azienda Italia", dove non esiste lo Stato, esiste un'azienda di cui lui è il direttore e Scalfaro prima, Ciampi dopo, sono solo i presidenti nominali. Ciò che conta è tenere al sicuro l'azienda, cacciare gli indesiderati (gli immigrati) e zittire gli agitatori che bloccano i lavori (i magistrati rossi, i politici rossi, i manifestanti rossi, i giornalisti rossi ed i garanti delle comunicazioni rossi). In appena tredici anni è riuscito a farci credere nell'esistenza di una rete di comunisti in grado di bloccare e sabotare il paese. Una sorta di allucinazione collettiva che non ha riscontri fisici: il comunismo non esiste più, il socialismo massimalista è sparito ancora prima del muro di Berlino e gli attuali partiti che si definiscono comunisti sono gli eredi del PCI di Berlinguer, lontani anni luce da Togliatti o Filippo Turati. I no-global agli occhi del Cavaliere sono sovrapposti ai black block fatti volutamente entrare dalle frontiere italiane. In questo quadro la figura di Berlusconi e del suo partito mette ansia, non al governo Prodi o all'elettorato di sinistra, bensì all'integrità democratico dello Stato italiano.



Macchia 1986

mercoledì 14 novembre 2007

Una regola ad personam

Qualcuno si sarà chiesto qualche tempo fà come mai l'Ordine dei Giornalisti della Sicilia ha approvato una nuova regola, entrata a fara parte del codice deontologico della categoria, in cui l'appartenenza ai servizi segreti diventava un'attività incompatibile con la professione giornalistica. Niente più informatori garantiti, e gli 007 devono lavorare da soli nel costruirsi una rete di informatori ed informazioni. La necessità di questo provvedimento, apparso alla maggior parte un tardivo ed occasionale provvedimento chiarificatorio, scaturisce dal caso di Renato "Betulla" Farina. Il link vi porterà al blog che più di tutti si è occupato della vicenda
F.Q.

Il pericolo hacker più silenzioso e letale

La notizia non è proprio recente, ma è già stata trattata da Panorama, Paolo Attivissimo ed altri esperti del settore. L'evoluzione dei worm informatici porta a sistemi infettivi capaci di rimanere silenti fino a nuovo ordine. Non solo, ma sono in grado di sfruttare reti orizzontali di 40 computer per spostarsi ed evitare di essere cancellati. Il nome in codice è Storm Worm, e la sua potenza complessiva supera di gran lunga quella del più potente computer in possesso dell'IBM -per intenderci stiamo parlando del computer in grado di sconfiggere ripetutamente il campione del mondo di scacchi- e capace di sviluppare una rete Internet alternativa. Il codice sorgente di Storm Worm cambia ogni 30 minuti e si diffonde tramite le e-mail. Basta attivare i link che rimandano a YouTube ed il Worm è agganciato. Tramite Storm Worm si possono spedire e-mail con dati personali altrui senza accorgersi di niente. I conti bancari possono essere prosciugati o girati verso altri ed è possibile mascherare da indagini di mercato veri e propri dossier personali. Ma chi gestisce Storm Worm, ed in vista di che cosa? La domanda al momento non ha una risposta ma il rischio è concreto: pensate alle potenzialità di una rete alternativa, in grado di muovere capitali da un conto all'altro in assoluta tranquillità per qualsiasi tipo di azione informatica. Una rete alternativa potente, rapida e veloce con mezzi di difesa ed attacco. Come evitare tutto questo? Evitare di aprire e-mail che parlano di stragi, catastrofi naturali o che fanno leva sulla nostra curiosità e verificare prima che siti di informazione delegati a tutto questo ne parlino. L'e-mail si presenterà con un nome che è nella nostra rubrica, ma che il collega, l'amico o la fidanzata non ha mai inviato. Verificare prima di tutto e cancellare nel dubbio. Al momento la nostra difesa migliore è lo scetticismo
F.Q.

lunedì 12 novembre 2007

La notte buia del calcio

La grossa differenza rispetto alla tragica fine del derby tra Catania e Palermo è che dopo lo sgomento si sapeva che qualcosa andava fatto. Dopo la morte di Raciti si era capito che qualcosa sarebbe cambiato in positivo, non si poteva scendere più in basso. Ma da ieri le cose sono diverse. La morte di un'altra persona ad una stazione dell'autogrill, tifoso di una squadra di calcio ha acceso un incendio di violenza diffusa ed organizzata. Ricostruendo la vicenda nell'arco della giornata di ieri, le colpe di un tale disastro sono diffuse. La presunta rissa tra i due gruppetti di tifosi era già finita, le auto stavano per ripartire mentre dall'altro lato dell'autostrada due poliziotti esplodevano due colpi di pistola per fermare quello che ai loro occhi era l'assalto ad un portavalori lì vicino. La follia umana e la mala sorte hanno voluto che uno di quei proiettili attraversasse l'autostrada - senza beccare nessuno - e si fermasse all'altezza del collo di un dj romano colpevole di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato. La ricostruzione ufficiale spiega così questa storia da far west, con molte incertezze e con parecchi punti al limite del fantascientifico. Tre ore di silenzio mediatico sulla vicenda portano alle orecchie dei tifosi laziali poche e confuse notizie, bastevoli per gettare nel caos la Federcalcio, il CONI, i canali che pagano i diritti televisivi per la messa in onda le partite e l'osservatorio del Viminale. Inter-Lazio rinviata, le altre partite posticipate di 1o'. Una scelta motivata da motivi di ordine pubblico. Ovvero per evitare di trasformare le tranquille famiglie allo stadio in un gruppo assatanato pronto a mettere a ferro e fuoco la città. Peccato che nessuno, al Viminale, in Federcalcio o al CONI abbia pensato che non rispettare la scomparsa di un tifoso poteva bastare per fermare per una giornata il campionato, mandando a casa gli ultras in lutto. La protesta ultras, almeno inizialmente, aveva una sua ragion d'essere: fermare la partita sarebbe stato un atto di civiltà. Per attuare questo principio di civiltà si è dovuto ricorrere agli strumenti persuasori degli ultras italiani: spranghe, tombini di ferro, fumogeni e bombe carta. La protesta unisce le tifoserie opposte di Bergamo e Brescia, Lazio e Roma. Ma la situazione è ormai sfuggita di mano e la protesta assume i contorni della rivolta organizzata. Il malumore serpeggiante dal derby di Catania, la rabbia accecante della notizia di un poliziotto che a distanza uccide a colpi di pistola un tifoso indifeso e lo sgomento nei confronti del governo sportivo, incapace di partorire decisioni serie e tempestive. Il Viminale rimane con gli occhi chiusi di fronte all'enorme rischio che si corre e vieta all'ultimo il posticipo Roma-Cagliari per il rischio di ritorsioni dei tifosi romanisti e laziali coalizzati nel punire con durezza il mondo sportivo, governativo e televisivo pronto a condannare sempre le azioni dei tifosi ma sordo e cieco di fronte ad una vicenda che ha coinvolto un tifoso. Il clima a Roma è bollente, a mente fredda un fatto di cronaca che ha i contorni della beffa del destino si ritrova ad investire un'altra situazione a cui è debolmente legata per questioni di fede calcistica. A Roma l'effetto domino è devastante: la furia manifestata nei confronti dei Rom, la rabbia per un delitto commesso da un poliziotto ai danni di un tifoso inerme e il diffuso malcontento per la Federcalcio ed il Governo portano ad un piano di guerriglia urbana degno di una squadra di vietcong. L'appuntamento tra ultras armati ed infuriati era dato nei pressi dello stadio Olimpico dove erano concentrate tutte le forze di polizia in assetto antisomossa. Si presentano poche decine di tifosi, facendo pensare ad un ritorno alla normalità. Scatta la trappola congeniata dagli ultras che assaltano la sede del CONI e devastano ben due caserme dei carabinieri, rimaste sguarnite e rivoltate come un calzino. Vengono i brividi pensando che tutto questo è stato messo in atto solo per fatti che riguardano da lontano il mondo del calcio. In altre parti del mondo certe cose accadono solo per i colpi di Stato o le rivoluzioni per liberarsi delle dittature. Da noi ci basta una domenica di sano sport per distruggere una città e le nostre speranze di normalità e tranquillità.
Francesco Quartararo

lunedì 5 novembre 2007

Un boss in meno, un latitante in più

Preso. Assieme al figlio in una villa vicino Montelepre, il capomafia di Brancaccio e Gaspare Puglisi è stato arrestato uno dei due eredi di Provenzano, Salvatore Lo Piccolo. Arrestati durante un summit nella villa sono stati trovati alcuni pizzini con ordini precisi per gli Inzerrillo, rientrati alla spicciolata dagli Stati Uniti. Scampato per tre volte all'arresto, secondo le indicazioni di Giovanni Brusca il boss di San Lorenzo era sempre in grado di sfruttare uscite secondarie e svignarsela. Da oggi non è più così. La sua carriera criminale inizia come autista del boss di San Lorenzo Riccobono, fiutata l'ascesa dei Corleonesi si è schierato con loro diventando l'ultimo vero padrino in libertà, leggermente più pericoloso di Matteo Messina Denaro. Dopo il vuoto di potere scaturito dalla cattura di Provenzano e vari corrieri dei pizzini, dall'anno scorso in Sicilia si sono presentati vari mafiosi costretti a nascondersi in America durante l'ascesa dei corleonesi ed una presenza inquietante, quella di James Joseph Burgler. Di per sé non è un mafioso di professione, ma risulta essere uno dei dieci uomini più pericolosi accanto all'inafferrabile Bin Laden. Burgler è stato fotografato e filmato a Taormina non più tardi di 9 mesi fà e può contare su una vasta rete di copertura all'interno delle organizzazioni criminali di mezzo mondo. Ma il collegamento tra la Sicilia mafiosa e gli Stati Uniti non finiscono qui. Di recente la mafia organizzata di Chicago ha subito un durissimo colpo e la necessità di preservarsi e riprodursi potrebbe portare ad una connessione sempre più stretta tra i due rami mafiosi. Secondo le rilevazioni del pentito Antonino Giuffré i boss americani sono personalmente addestrati nella gestione degli affari dai boss siciliani nell'area del trapanese, da sempre terra legata da una fortissima rete di connivenza dettata dalla massoneria locale. A confermare queste soffiate l'arresto gli scorsi mesi di un consigliere comunale accusato di aver offerto ospitalità ad un latitante nel trapanese. Lo stesso Giuffré ammette che le stragi di Capaci e di via D'Amelio furono fortemente volute in America e accordate da Riina per via della pesante intrusione di Falcone e di Rudolph Giuliani (ex sindaco di new York ai tempi dell'11 settembre) negli affari di mafia tra Stati Uniti e Sicilia. Adesso che il colpo assestato è tra i più pesanti rimane uno sforzo da compiere: prendere Matteo Messina Denaro, l'ultimo erede di Trapani che per la sua scalata a Cosa Nostra e la conquista del potere dei corleonesi deve chiedere una mano d'oltreoceano
Francesco Quartararo

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